Potrebbe essere questo titolo il nome di una nuova categoria. Ci devo pensare su: cioé sto pensando frequentemente, sto riavvolgendo il nastro di questi otto anni di pontificato insieme agli otto anni della mia vita. Per me è stato importante e non sto a spiegare perché, ma comincio a comprenderlo adesso. In generale, l’impressione è che il magistero di questo pontefice sia molto più denso e significativo di quello che è apparso finora. La sua rinuncia alla cattedra di Pietro getta una nuova luce su tutto quello che ha detto e che ha fatto, e bisognerà tenerne conto.
Intanto una cosa è certa: questa novità quasi assoluta nella storia della Chiesa ha prodotto un’attenzione e un clima di attesa a dir poco singolari. Tutti sono curiosi di vedere cosa succederà, anche chi ha sempre guardato oltretevere soltanto con ostilità. E un sentimento di attesa spontaneo non è mai tutto da buttare. Questo è talmente vero che le polemiche di questi giorni sull’opportunità della partecipazione al Conclave di uno o due cardinali rivelano tutta la loro inadeguatezza rispetto alla congiuntura che sta vivendo la Chiesa (tutta la Chiesa, di cui l’istituzione è solo un momento) e pertanto la Segreteria di Stato ha avuto buon gioco, oggi, a reagire lamentando indebite pressioni e richiamando contemporaneamente ai motivi storici che hanno reso necessario un “conclave”, un extra omnes, un’assemblea chiusa per l’elezione del Pontefice:
Se in passato sono state le cosiddette potenze, cioè gli Stati, a cercare di far valere il proprio condizionamento nell’elezione del Papa, oggi si tenta di mettere in gioco il peso dell’opinione pubblica, spesso sulla base di valutazioni che non colgono l’aspetto tipicamente spirituale del momento che la Chiesa sta vivendo.
Questo naturalmente non è un tentativo di condizionare la stampa, anche se non ho dubbi che molti vorranno leggerlo così. La Segreteria di Stato vaticana parla di notizie “spesso non verificate, o non verificabili, o addirittura false, anche con grave danno di persone e istituzioni”. Vedremo. Probabile che ci siano in giro molte calunnie, non sarebbe la prima e non sarà l’ultima volta, ma la stampa deve fare il suo lavoro. Quello che non è accettabile è che si cerchi di far giocare il giudizio dell’opinione pubblica come un elemento di cui i cardinali dovrebbero tenere conto. Sia chiaro a tutti: il cardinale Mahony teoricamente potrebbe diventare il prossimo pontefice. Che tutti se ne facciano una ragione. Non avverrà probabilmente, ma se in questo momento è cardinale e ha i requisiti di età per essere elettore è anche eleggibile. E i soliti a cui non va mai bene niente di ciò che avviene sotto il cupolone si straccino pure le vesti, non sarà la teatralità o il chiasso delle loro esternazioni a cambiare le cose.
Intanto Ratzinger, già perfettamente a suo agio nella sua nuova dimensione di Papa emerito, pochi giorni fa ha tenuto una splendida lezione sul Concilio durante l’incontro con i parroci di Roma. Come nota puntualmente Sandro Magister, quello che ha detto è “un impressionante atto di accusa contro l’interpretazione politica del Vaticano II fatto dai media”. E, per estensione, a tutte le narrazioni giornalistiche e mediatiche della Chiesa che a partire dal Concilio hanno sempre applicato gli stessi criteri. Consiglio a tutti, e in particolare agli operatori dell’informazione, di leggere (e possibilmente ascoltare) con grande attenzione i passaggi di quella “chiacchierata”, come lui stesso l’ha definita. Perché credo che tenerne conto in futuro nel lavoro giornalistico non sia derogare all’indipendenza o alla laicità dell’informazione. Anzi.
…c’era il Concilio dei Padri – il vero Concilio –, ma c’era anche il Concilio dei media. Era quasi un Concilio a sé, e il mondo ha percepito il Concilio tramite questi, tramite i media. Quindi il Concilio immediatamente efficiente arrivato al popolo, è stato quello dei media, non quello dei Padri. E mentre il Concilio dei Padri si realizzava all’interno della fede, era un Concilio della fede che cerca l’intellectus, che cerca di comprendersi e cerca di comprendere i segni di Dio in quel momento, che cerca di rispondere alla sfida di Dio in quel momento e di trovare nella Parola di Dio la parola per oggi e domani, mentre tutto il Concilio – come ho detto – si muoveva all’interno della fede, come fides quaerens intellectum, il Concilio dei giornalisti non si è realizzato, naturalmente, all’interno della fede, ma all’interno delle categorie dei media di oggi, cioè fuori dalla fede, con un’ermeneutica diversa. Era un’ermeneutica politica: per i media, il Concilio era una lotta politica, una lotta di potere tra diverse correnti nella Chiesa. Era ovvio che i media prendessero posizione per quella parte che a loro appariva quella più confacente con il loro mondo. C’erano quelli che cercavano la decentralizzazione della Chiesa, il potere per i Vescovi e poi, tramite la parola “Popolo di Dio”, il potere del popolo, dei laici. C’era questa triplice questione: il potere del Papa, poi trasferito al potere dei Vescovi e al potere di tutti, sovranità popolare. Naturalmente, per loro era questa la parte da approvare, da promulgare, da favorire. E così anche per la liturgia: non interessava la liturgia come atto della fede, ma come una cosa dove si fanno cose comprensibili, una cosa di attività della comunità, una cosa profana. E sappiamo che c’era una tendenza, che si fondava anche storicamente, a dire: La sacralità è una cosa pagana, eventualmente anche dell’Antico Testamento. Nel Nuovo vale solo che Cristo è morto fuori: cioè fuori dalle porte, cioè nel mondo profano. Sacralità quindi da terminare, profanità anche del culto: il culto non è culto, ma un atto dell’insieme, della partecipazione comune, e così anche partecipazione come attività. Queste traduzioni, banalizzazioni dell’idea del Concilio, sono state virulente nella prassi dell’applicazione della Riforma liturgica; esse erano nate in una visione del Concilio al di fuori della sua propria chiave, della fede. E così, anche nella questione della Scrittura: la Scrittura è un libro, storico, da trattare storicamente e nient’altro, e così via.
Sappiamo come questo Concilio dei media fosse accessibile a tutti. Quindi, questo era quello dominante, più efficiente, ed ha creato tante calamità, tanti problemi, realmente tante miserie: seminari chiusi, conventi chiusi, liturgia banalizzata … e il vero Concilio ha avuto difficoltà a concretizzarsi, a realizzarsi; il Concilio virtuale era più forte del Concilio reale. Ma la forza reale del Concilio era presente e, man mano, si realizza sempre più e diventa la vera forza che poi è anche vera riforma, vero rinnovamento della Chiesa. Mi sembra che, 50 anni dopo il Concilio, vediamo come questo Concilio virtuale si rompa, si perda, e appare il vero Concilio con tutta la sua forza spirituale. Ed è nostro compito, proprio in questo Anno della fede, cominciando da questo Anno della fede, lavorare perché il vero Concilio, con la sua forza dello Spirito Santo, si realizzi e sia realmente rinnovata la Chiesa. Speriamo che il Signore ci aiuti. Io, ritirato con la mia preghiera, sarò sempre con voi, e insieme andiamo avanti con il Signore, nella certezza: Vince il Signore! Grazie!