Dicono così, ogni tanto, soprattutto nei notiziari locali. “Va in scena”.
Mi sento estraneo alla diatriba tra manifestanti e detrattori dei manifestanti, tra filogovernativi e detrattori dei filogovernativi. Non è un senso di estraneità nato oggi. La rappresentazione della battaglia in strada, da quando la vedo (cioé dalla fine degli anni settanta), mi sembra menzogna. È qualcosa che ha più a che fare con il teatro e con la semantica di uno spazio scenico che con dei rapporti di causa ed effetto tra abuso di potere e indignazione, tra trasgressione violenta e repressione.
Nel momento in cui il problema diventa il montaggio e lo smontaggio dei disordini avvenuti durante una manifestazione si è già persa ogni possibilità di riferirsi alla realtà. Poi certo, i manganelli picchiano schiene e teste vere di studenti reali, i sampietrini rompono macchine vere e fanno sudare freddo veri poliziotti di vent’anni malpagati e senza alcuna voglia di difendere con i propri corpi dei palazzi che voltano le spalle a loro quanto agli studenti. E chi fa cronaca si dovrà occupare di questo naturalmente, e ricostruire meglio che può quello che è successo. Però non è più una serie di cause ed effetti che fa andare avanti, che aiuta le coscienze, che fa maturare politicamente.
Ogni volta, a ogni “movimento” da quarant’anni a questa parte si applicano sempre gli stessi schemi di illusione e delusione. I politici di tutti i partiti, i giornalisti e i moralisti di ogni sponda ed estrazione, e dulcis in fundo i teorici della non violenza avranno di che elucubrare su ciò che è violenza e ciò che non lo è, lo faranno per mesi e anni fino alla prossima deflagrazione che darà materia a nuove analisi che saranno, poi, sempre le stesse.
Gli americani sublimano la loro nostalgia della frontiera nel football americano, nelle yard da conquistare, nei famosi “centimetri” spiegati da Al Pacino in Ogni maledetta domenica. Una parte consistente di italiani sublima la nostalgia di regime e di lotta contro il regime nella rappresentazione di zone rosse da difendere e da violare.
Bene, le speranze, i sogni, il futuro dei ragazzi mi interessano. Io ho il doppio degli anni di molti di loro ma sono abbastanza incosciente da essere rivolto verso il futuro, da guardare davanti a me e a ciò che posso costruire, a quello che posso rischiare e scommettere della mia vita e delle mie energie; e di tutto ciò che posso progettare, prevedere e immaginare, ma soprattutto di cosa potrò conoscere e di chi potrò incontrare sono preoccupato e innamorato, magari con un accento diverso dal loro, ma non meno intensamente. Questo mi interessa. La sublimazione di futuro, sogni e speranze (e anche rabbia) in una battaglia in strada non mi interessa.
Avanti con la prossima. Dicono che sia mercoledì. Non pensi chi passerà di qua che non ne parlerò per disillusione. È proprio il contrario.
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D’accordo al cento per cento.
(Questo dovrei ripubblicarlo almeno una volta all’anno.)
Comment di Galliolus — 21 Dicembre 2010 @
vero :-)
comunque oggi a roma (non a palermo) pare che gli studenti siano riusciti a fare una vera manifestazione. sono contento. davvero. condivido solo in parte i loro argomenti, ma mi auguro che possano continuare così.
Comment di alessandro — 22 Dicembre 2010 @