Gli scavatori di fango professionisti sanno che il loro maledetto lavoro (che non è di quelli che qualcuno “deve pur fare…” massimo rispetto per i lavori che sporcano e che non sono lavori sporchi) ha due esiti possibili: o infanga senza ritorcersi contro di loro, o si ritorce contro di loro ma intanto fa danni. Sono lavori ad alta entropia.
Per chi non legge istintivamente i titoli e ha voglia di ragionare e di confrontare; per chi ha necessità di fare memoria dei fatti per progredire nella capacità critica; per chi sa resistere alla tentazione di “godere” di uno scandalo gridato sui giornali per il gusto di mettere in minoranza o in soggezione il prossimo; per tutti costoro è chiaro che il New York Times ha fatto una pessima figura (Sandro Magister la spiega sinteticamente), ha buttato fango su chi non lo meritava, ha messo l’urgenza di sollevare un caso davanti alla necessità di presentare i fatti in maniera obiettiva e di fare qualche elementare verifica. Avrebbe potuto, ad esempio, andare a cercare uno dei protagonisti della vicenda Murphy, che ora fa la voce di uno che grida nel deserto da un negletto blog diocesano e dice cose assai scomode per il grande giornale liberal. La Chiesa sarà anche quel covo di serpi che molti dicono, ma vi sembra giusto che un quotidiano di quel calibro non paghi dazio per avere scritto il falso e per aver trascurato le più elementari regole della verifica giornalistica? Se la Chiesa ha perso credibilità (ed è tutto da vedere) per me l’hanno persa anche questi intoccabili pennivendoli che si sentono in diritto di calunniare senza dover rendere conto a nessuno.
Voglio pensare solo che sia cattivo giornalismo e nient’altro, ma è inevitabile che qualche retropensiero su altre cause, su altri mandanti rimanga. Ma non è del retropensiero che mi preoccupo ora.
Non so cosa succederà nei prossimi mesi. Sicuramente ci saranno altre inchieste, sia del NYT sia di altri giornali, sul problema della pedofilia nella Chiesa. Mi auguro che siano vere inchieste e non produzione di fango. Le vere inchieste sicuramente aiuterebbero la Chiesa in questa fase, inchieste che aiutino a non ricadere in un’antica inerzia e ad affondare il bisturi dove va affondato.
Nessuno nega che la pedofilia nella Chiesa esista: non ha l’importanza, l’incidenza che molti pretendono, ma c’è. Nessuno nega che la Chiesa, in un passato anche recente, abbia cercato di nascondere molti casi di abusi gravi: ma questa cattiva consuetudine sta per essere superata e consegnata agli storici per le valutazioni del caso. Non è vero che Ratzinger ha cominciato a fare la voce grossa quando non poteva più nascondere nulla. È certo, invece, che da cardinale prima che da pontefice ha sempre combattuto il fenomeno e non ha lavorato per nasconderlo, ma per farlo emergere avendo cura di evitare danni eccessivi e ingiusti alla Chiesa. Un po’ come una chemioterapia per un tumore non maligno: sarebbe sconsiderato somministrarla senza fare il possibile per non indebolire oltre l’inevitabile le difese dell’organismo.
Invito a leggere oggi le considerazioni di Peggy Noonan, columnist del Wall Street Journal, tra le più equilibrate e interessanti che ho trovato sui giornali americani.