Cronachesorprese

10 Marzo 2010

Buongiorno a lei

Filed under: news factory — alessandro @

Caro Massimo Gramellini, lei che è così bravo con le parole provi a spiegarmi perché non ha applicato anche al Buongiorno di oggi la sua indiscussa capacità di suggerire prospettive nuove su fatti noti. Perché un comunicato chiaro ed esauriente come quello di Padre Lombardi sul problema della pedofilia nella Chiesa le suggerisce soltanto una lettura così ingenerosa e, se permette, riduttiva e per nulla acuta?
Quali delle parole del responsabile della sala stampa vaticana fanno sospettare che la Chiesa reagisca agli scandali “annegando le proprie responsabilità in quelle del prossimo”? A me sembra che quelle parole dicano il contrario. Le poche righe che lei scrive ogni giorno sono quasi sempre illuminanti, ma questa volta si compiacciono e si avvoltolano in una polemichetta forzata e inessenziale e non aggiungono nulla alla frettolosa invettiva del lettore distratto che non ha voglia di approfondire. Anzi questo lettore si sentirà confortato nelle sue cattive abitudini.

I fatti dicono che i casi di pedofilia si verificano più fuori della Chiesa che dentro la Chiesa. Non solo in valori assoluti, il che è ovvio, ma anche in percentuale: molta più pedofilia nelle famiglie, nelle scuole, ovunque. Relativizzare la percezione dei molti, dei troppi che tendono a rappresentare questo problema come tipico delle gerarchie e degli ambienti ecclesiastici non significa, lei sicuramente lo capisce molto bene, relativizzare o annacquare le responsabilità. E tentare di fare qualcosa contro l’errore di prospettiva di molti dovrebbe essere una preoccupazione non soltanto del Vaticano, ma anche dei giornalisti. Ci sono almeno due tipi di giornalisti. Quelli che si sintonizzano con il bisogno della gente di mettere delle etichette addosso agli altri. E quelli che fanno il possibile per staccare le etichette e sostituirle con valutazioni critiche e analisi dei fatti.
Fino ad oggi credevo che lei appartenesse alla seconda categoria, oggi non ne sono più tanto sicuro. Sarò felice di essere smentito nei prossimi mille buongiorno.

Aggiornamenti

In attesa di pubblicare un altro post sull’argomento aggiungerò qui qualche link ad alcuni articoli che stanno uscendo.

Su Avvenire un’intervista a Monsignor Charles J. Scicluna, «promotore di giustizia» della Congregazione per la Dottrina della fede.

Roberto Fontolan sul Sussidiario. La montatura mediatica alla quale stiamo assistendo in queste settimane è solo un caso particolare delle tante paure collettive che vengono alimentate.

Sempre sul Sussidiario intervista a Magister: quello che vediamo oggi è un film già visto una decina di anni fa negli Stati Uniti, dove gli attacchi alla Chiesa non sono condotti da ambienti razionalisti ma dalle compnoenti cosiddette “progressiste” della Chiesa stessa.

Salvatore Izzo, vaticanista. In Italia c’è una tendenza dello 0,3 % della popolazione alla pedofilia, ma secondo i dati dell’associazione Meter (quella di don Fortunato Di Noto) l’incidenza dei casi effettivi nelle parrocchie è minore in percentuale.

17 Comments »

  1. a dire il vero ci sono almeno tre articoli che dicono che – matematicamente – è vero il contrario. Sono sicuro che di riffa o di raffa ti sono arrivati. Se no dimmelo che te li segnalo.

    Comment di Tambu — 11 Marzo 2010 @

  2. solo tre? non so a quali ti riferisci ma direi che me ne sono arrivati di più :-) tutti con calcoli contestabili.

    Comment di alessandro — 11 Marzo 2010 @

  3. beh, tutto è contestabile a questo mondo, anche l’ovvio, anche la matematica, soprattutto la statistica. Io per esempio ho 17 anni!

    Comment di Tambu — 11 Marzo 2010 @

  4. eh eh…
    tu non avrai 17 anni. ma io ne ho forse 88? :-)

    Comment di alessandro — 11 Marzo 2010 @

  5. a me sta bene tutto, e non voglio dire che sia per forza come dicono nei calcoli. Ma come sai, sono un uomo di scienza (oltre che uno affascinato dai numeri). Se mi dici che sono contestabili, devi dirmi anche perché e ripropormi un calcolo più convincente :)

    Comment di Tambu — 11 Marzo 2010 @

  6. sì, potrei farlo in un altro post, non su due piedi. comunque sono già stati contestati da altri (mi sembra in maniera abbastanza convincente). se cerchi trovi.

    Comment di alessandro — 11 Marzo 2010 @

  7. su metilparaben c’è solo commenti emozionali, molto più interessanti e pacati quelli su noisefromamerika, ma non c’è nessun calcolo…

    Comment di Tambu — 11 Marzo 2010 @

  8. Solo una piccola considerazione sulle statistiche. Il buon Lombardi ci dice che “Solo per fare un esempio, i dati recentemente forniti dalle autorità competenti in Austria dicono che in uno stesso periodo di tempo i casi accertati in istituzioni riconducibili alla Chiesa sono stati 17, mentre ve ne sono stati altri 510 in altri ambienti. È bene preoccuparsi anche di questi.”. Ora queto è sicuramente vero, però forse giova ragionare più che in termini assoluti in termini relativi. Perchè saranno 17 contro 510, però è anche “istituzioni riconducibili alla chiesa” (nel seguito IRAC) contro il resto del mondo. Per esempio – e sparo numeri a caso – se diciamo che le istituzioni da considerare sono famiglie, scuole (non IRAC), e IRAC, e ipotizziamo la presenza in Austria di 2.000.000 di famiglie, 23.000 scuole e 10.000 IRAC, otteniamo che il rateo di eventi del genere per “resto del mondo” è pari a 0.0002 mentre nelle IRAC + di 0.0017 cioè circa 10 volte superiore, il che si può leggere come: se mio figlio frequenta una IRAC ha il dieci volte più possibilità di subire moltestie che se si fa una sua vita casa-scuola. Ripeto: sono cifre a caso e l’approccio metodologico andrebbe raffinato. Analogamente si potrebbe fare una analisi rapportando il dato sui reati al numero di sacerdoti vs. numero di individui in età sessualmente attiva. Una analisi del genere probabilmente sarebbe più utile che una generica considerazione sui valori assoluti e facilmente porterebbe ad individuare una delle tre:

    (a) una frequenza superiore di tali episodi nelle IRAC, fornendo alla chiesa stessa importanti spunti di riflessione sul perché i suoi ministri tendano a molestare i minori più di quanto facciano altre categorie professionali, e magari a rivedere qualcosa sulla loro formazione/selezione e sul rule of law al suo interno.

    (b) una frequenza inferiore alla media in altri ambiti, offrendo così alla chiesa un valido argomento di difesa del suo modello e dei suoi dipendenti e collaboratori.

    (c) una frequenza in linea col resto del mondo

    Mi permetto di osservare, avendo grandissima opinione delle menti matematiche e comunicative al servizio del vaticano, che il fatto che tali argomenti non siano sollevati induce a ipotizzare che il risultato (a) sia il più rispondente al vero.

    Comment di GioCar — 12 Marzo 2010 @

  9. lasciamo perdere i calcoli, per il momento. come già detto, quando avrò abbastanza dati da fonti diverse pubblicherò un post. non voglio aggiungere confusione a confusione. ti rispondo limitandomi all’occasione di adesso.

    il ragionamento di padre lombardi non è necessariamente in termini assoluti. ha fornito un dato invitando ad occuparsene con più attenzione, quindi ad analizzarlo. ora tu hai fatto delle stime ipotizzando dei valori a caso: non mi stupirei se i valori reali fossero un po’ diversi. e c’è in effetti chi, con dati non casuali, sostiene che sono proprio diversi. ma vedremo più avanti.

    anche il raffronto reati dei sacerdoti vs reati di individui sessualmente attivi non è indicativo, come fa giustamente notare qualcuno nell’interessante discussione sul forum di noise from amerika, perché le persone con tendenze pedofile tendono a concentrarsi in ambienti e professioni in cui pensano di poter raggiungere più facilmente i loro scopi. tra questi ambienti e queste professioni ci sono sicuramente quelli che tu chiami IRAC ma non sono i soli, ci sono anche almeno gli ambienti sportivi e le scuole. quindi bisognerebbe fare dei raffronti, ad esempio, tra sacerdoti e maestri elementari o educatori sportivi.

    penso che la tendenza alla concentrazione sia un fattore molto trascurato perché è molto forte il pregiudizio sulla formazione dei sacerdoti: si pensa che la presunta “repressione” della formazione dei sacerdoti, o il voto di castità con il passare del tempo, scatenino in qualcuno le tendenze pedofile. nessuno si industrierebbe a sostenere che i percorsi di formazione offerti dagli istituti di magistero o dall’isef fanno diventare qualcuno pedofilo, mentre ci sono molti che sostengono che i seminari fanno diventare pedofili e raramente viene fatto notare che è ugualmente assurdo. i problemi, quando ci sono, vengono prima del seminario.

    certo il problema della selezione delle vocazioni è un problema enorme. un problema che la chiesa sta affrontando da tempo, non senza qualche successo. ma anche l’ordine dei medici dovrebbe farsi qualche domanda di più, solo per fare un esempio, ma non subisce certo la pressione dell’opinione pubblica e della stampa che sta subendo la chiesa.

    ora, è davvero ingeneroso sostenere, come fa gramellini, che padre lombardi inviti a occuparsi più seriamente del fenomeno complessivo della pedofilia nello spirito autoassolutorio del “lo fanno tutti, quindi non siamo poi così cattivi”. il discorso di padre lombardi mi sembra chiaro, non è elusivo ma neanche puramente difensivo, come è giusto: chi si attarda dietro alla suggestione di una formazione “repressiva” dei sacerdoti come se fosse un brodo di coltura delle tendenze pedofile di una parte della popolazione non vuole affrontare il problema nella sua natura e nella sua complessità, mentre la chiesa lo sta facendo e non da oggi.

    Comment di alessandro — 12 Marzo 2010 @

  10. Attendo con curiosità il post numerico. Al di là di tutto la statistica mi affascina ed in un paese (mondo?) dove si prendono decisioni politiche in base ai sondaggi capirne un po’ meglio i meccanismi è sempre utile.

    Sull’intervento del sig. Lombardi posso solo osservare che mi fa venire in mente storie di travi e pagliuzze. Dopodichè le cose che dice, le parole sicuramente nette che usa per condannare un comportamento delituttoso praticato anche da alcuni suoi colleghi sono sicuramente apprezzabili.

    Personalmente penso che c’è solo una cosa che la chiesa farebbe bene a fare: procedere sistematicamente alla denuncia alle autorità civili dei suoi lavoratori che incorrono in simili attività criminose, e offrire a dette autorità la massima e totale collaborazione, senza reticenze alcune. Legittimamente garantendo il diritto alla difesa dei suoi uomini (se fossi uno di loro questo mi aspetterei) ma all’interno della legislazione vigente nel paese in cui tali fatti si verificano. Chi commette un reato è un cittadino che deve rispondere alla giustizia dello stato.

    Se poi l’organizzazione (la chiesa in questo caso) vuole trattare la cosa ANCHE al suo interno liberissima, però non si pretenda che questo sia sostitutivo della legge dello stato. Insomma diamo a sto Cesare quello che gli spetta!

    Se questo è il nuovo corso che sta dietro alle parole del sig. Lombardi, ne sono solo contento. Perchè del diritto canonico a me sinceramente interessa poco o niente.

    Comment di GioCar — 15 Marzo 2010 @

  11. sono d’accordo, fatti salvi alcuni accorgimenti che possono sembrare reticenze ma che in realtà sono sostanziali tutele della libertà della chiesa all’interno di uno stato. libertà che possono essere garantite da un concordato ma anche no: in ogni caso uno stato non può pensare di trattare una chiesa come un’associazione qualsiasi.

    monsignor scicluna, nell’intervista che ho segnalato, fa l’esempio di una notizia di reato comunicata nel segreto del confessionale. non può esserci una legge dello stato che impone a un sacerdote di rivelare quel segreto.
    nella stessa intervista si fa anche un’altra importante distinzione tra denuncia diretta del vescovo e “moral suasion” verso le vittime perché siano loro a sporgere denuncia. non è soltanto un modo di salvare le apparenze ma un accorgimento che permette alla diocesi di dare solidarietà alla vittima e nello stesso tempo assumere l’onere di una giusta e non ambigua difesa in sede processuale del sacerdote incriminato, cosa che tu stesso riconosci come il “minimo sindacale”.

    ad ogni modo io nelle parole di padre lombardi non vedo l’ipocrisia di chi guarda le pagliuzze e non le travi. le parole mi sembrano davvero inequivoche per questo aspetto: non c’è alcuna minimizzazione dei reati attribuiti a uomini di chiesa. ma prendo atto del fatto che ormai questa interpretazione è passata alla gente, complice una stampa non equanime di cui gramellini è solo un esempio. ieri poi sull’argomento ha tuonato anche la sacerdotessa massima del luogocomunismo, luciana littizetto. e quindi ormai non ce n’è più per nessuno, padre lombardi è segnato per sempre.

    Comment di alessandro — 15 Marzo 2010 @

  12. Segnalo editoriale di Romano sul tema STATO-CHIESA oggi sul corriere (rispondendo ad una lettera di un lettore)

    L’affermazione che uno stato non possa trattare una chiesa come una associazione qualsiasi non mi trova molto d’accordo. Di chiese ce ne sono tante, e tante se ne potrebbero ad uopo inventare. Almeno dal punto di vista di uno come me che non vede una distinzione sul piano teorico fra chiesa cattolica e, per dire, scientology o culto degli adoratori di Bokonon.

    Sicuramente lo stato italiano deve fare i conti con la chiesa cattolica più che con altre realtà sociali, non per motivi di principio ma semplicemente per ragioni di forza, di radicamento sul (e parziale occupazione del) territorio, di ruolo storico. Non per una qualche superiorità morale o di principio della chiesa cattolica rispetto ad altre. Superiorità che al suo interno ogni chiesa è libera di rivendicare (anzi direi che l’idea di custodire LA VERITA’ SUPERIORE” è una delle cose che distingue una chiesa da una associazione culturale) ma nessuna di imporre ad altri. Son relativista, lo so!

    La questione moral suasion va benissimo quando questa sia appunto esercitata per indurre le vittime alla denuncia di un crimine subito e non – come in passato accadde – al suo occultamento. Anche su questo va senz’altro un benvenuto alla affermazione di una nuova linea nel trattare la materia. Apprezzabile anche il riconoscimento preoccupato, da parte di Scicluna, di “una certa cultura del silenzio che vedo ancora troppo diffusa nella Penisola”.

    Comment di GioCar — 16 Marzo 2010 @

  13. capisco la tua posizione teorica, ma anche tu dal punto di vista pratico noti che lo stato italiano deve fare i conti con la chiesa cattolica più che con altre realtà sociali, per tante ragioni. e la differenza tra chiesa cattolica e qualsiasi altra chiesa che può essere inventata oggi è questa. è naturale che uno stato non instaura un rapporto con una chiesa in virtù del fatto che questa chiesa asserisce di essere portatrice di una verità. lo fa in virtù di un riconosciuto valore per la società e per la convivenza civile che quella chiesa porta.

    Comment di alessandro — 16 Marzo 2010 @

  14. No. io non parlo di riconosciuto valore, parlo molto più semplicemente di rapporti di forza. Certe realtà e fenomeni – la chiesa cattolica, la crminialità organizzata, i terremoti – semplicemente sono troppo forti per poter essere ignorati. Ci si può scendere a patti (la chiesa) o farci la guerra (la criminalità, Lunardi permettendo) o provare a riparare i danni che fanno (i terremoti, Bertolaso permettendo) ma è solo una questione di realpolitik. E non sto dicendo che la chiesa fa gli stessi danni di mafia e terremoti, dico solo che se anche li facesse – magari li fa – dovremmo comunque farci i conti. E uno dei criteri su cui mi piacerebbe poter distinguere anche le forze politiche in campo è COME decidono di farceli. Ma purtroppo identificare posizioni diversificate fra le forze politiche su questo è molto difficile (a meno di non accontentarsi della retorica radicale che non son mai riuscito a reggere molto e continuo a guardare con sospetto)

    Comment di GioCar — 17 Marzo 2010 @

  15. lo so che tu parli solo di realpolitik. io invece parlo di valore :-)
    abbiamo una concezione diversa dello stato. anche se la chiesa non fosse “forte” nel senso che tu intendi lo stato non potrebbe, non dovrebbe ignorarne l’esistenza. in altre parole tu pensi (correggimi se sbaglio) che l’ideale per lo stato sarebbe poter fare come se la chiesa non esistesse. io penso che lo stato abbia tra le sue finalità quella di riconoscere i soggetti sociali che “fanno” la società, perché vengono prima dello stato e portano qualcosa di costitutivo che lo stato non può (e non deve pretendere di) avere.

    Comment di alessandro — 17 Marzo 2010 @

  16. Meno male che abbiamo una concezione diversa, sennò che parliamo a fare? :-)

    Penso che lo stato in quanto (almeno in teoria) espressione democratica dei cittadini debba sicuramente creare e mantenere le condizioni per cui i vari soggetti sociali organizzati esistenti (inter alia le chiese) possano liberamente esercitare le loro funzioni ove queste non confliggano con le regole della democrazia e anzi ad esse si attengano.

    Non sono un fan dello stato per se, mi faccio una ragione della sua necessità in quanto unico strumento disponibile per regolare la convivenza e garantire i diritti di tutti, in un regime di uguaglianza (lo so, fa molto contratto sociale).

    Tenere i vari soggetti sociali (individuali ed organizzati) al loro posto – ossia far si che si adeguino a quelle regole il cui mantenimento è la ragion d’essere dello stato – credo sia l’unico obbligo/diritto che lo stato ha nei loro confronti.

    Fare di più (come per esempio proibire la pratica di un culto, o promuoverla) sarebbe una ingerenza nella vita dei cittadini.

    Ed è proprio qui che entrano in gioco i rapporti di forza e la realpolitik. Perchè spesso gli attori sociali organizzati tendono – nella loro lotta per la sopravvivenza o affermazione, magari nei controfnti di altri soggetti analoghi, o magari per mandato stesso – a non restare al loro posto e a cercare di imporre i loro obiettivi e le loro visioni allo stato utilizzano strumenti che vanno al di fuori delle regole democratiche, invocando una legittimità superiore a quella statale.

    Cosa che non mi trova d’accordo, essendo lo stato l’unico soggetto per definizione da tutti legittimato (sempre che crediamo alla favola della democrazia rappresentativa, ovviamente….)

    Comment di GioCar — 17 Marzo 2010 @

  17. non confliggere con le regole della democrazia è, naturalmente, il minimo. la differenza tra la tua idea e la mia sta nel fatto che per me lo stato, anche esercitando funzioni di semplice controllo, non può essere completamente neutro nei confronti del sistema totale di valori. lo so, è un terreno molto delicato. perché non si sa mai quale sia il confine preciso tra le azioni che lo stato fa per incentivare l’azione di soggetti sociali che operano in conformità al bene comune e le azioni che lo stato intraprendere per la propria affermazione e sopravvivenza. ma sarebbe irrealistico (e per me non auspicabile) pensare di annullare questa dialettica, perché è questa dialettica a definire gli spazi di *libertà* vera.

    scrivo in fretta, spero di essermi spiegato :-) la discussione è andata ben oltre lo spunto iniziale e non mi dispiace. noto peraltro che accade spesso in questo blog, quando c’è voglia di confrontarsi davvero, che da uno spunto qualsiasi si arrivi a discutere sul “contratto sociale” o semplicemente sul perché ci possiamo definire una collettività. penso che se non fossimo sempre sopraffatti dalla rissa continua imposta dall’attualità politica (e non solo) sarebbe più chiaro a tutti che in questo momento storico, lontani ormai dall’ultima guerra e usciti bene o male dalla fase di rodaggio della repubblica, è su questo che abbiamo bisogno di confrontarci e di ragionare. invece c’è sempre una cronaca “on the top”, mediamente violenta, che costringe ciascuno a tenere implicite le proprie convinzioni e riflessioni su queste cose. spero di vedere nella mia vita una stagione in cui questo bisogno, che è reale e non accademico, possa avere l’attenzione e l’energia che merita.

    Comment di alessandro — 18 Marzo 2010 @

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