Cronachesorprese

4 Aprile 2009

Nel mainstream contro il mainstream

Filed under: cronache — alessandro @

“No no, niente applausi. Non dico queste cose per chiamare gli applausi”. È solo un attimo in una lectio appassionata e torrenziale che costringe i traduttori alla staffetta e li consuma uno via l’altro, come sigarette aspirate con troppa foga. Ma l’inciso è perentorio e smorza l’applauso sul nascere. La lezione di Seymour Hersch, uno dei decani del giornalismo d’inchiesta americano, si dimostra efficace e coerente anche in momenti come questo. Al Festival del Giornalismo di Perugia si sono forse sentiti troppi applausi e l’istinto di Hersch avverte subito la distonia e il pericolo. Ha lottato per una vita contro le versioni ufficiali e ossequiose e sente qualsiasi forma di ossequio come una minaccia per l’integrità del fatto, della storia. Anche quando la storia da raccontare è quella della sua carriera: di uno che ha vinto il Pulitzer per i suoi reportage dal Vietnam e a settant’anni non ci pensa proprio a riposare sugli allori. È appena del 2004 l’altro grande colpo della sua vita, l’inchiesta shock su Abu Ghraib.
“Gli amici europei mi dicono che sono una sorta di vaccino per la stampa mainstream”. Mainstream, mainstream. Croce e delizia per Seymour, che lavora da tempo per grandi testate senza mai capire davvero i suoi colleghi. Neanche oggi, in tempi di innamoramento collettivo per Obama. “Non riesco a credere che dopo otto anni di Bush non abbiamo imparato la lezione. Siamo tutti ancora incantati da Obama e invece dovremmo saltargli addosso per la guerra che sta pianificando in Afghanistan. Una guerra che non vinceremo, che è impossibile vincere come era impossibile vincere in Iraq, dove saremo costretti a intervenire di nuovo per non far scoppiare un’altra guerra sanguinosa tra Sunniti e Sciiti. Più violenze facciamo (e ne facciamo, perché così sono i soldati, sempre) più talebani creiamo. My Lai è stata importante perché ha fatto vedere agli americani quello che non avevano mai visto nei film di guerra degli anni 50 e 60, e cioé che il loro paese non combatteva la guerra meglio degli altri, più lealmente, più umanamente”.
Moltissimi giovani, pochi, troppo pochi giornalisti a sentire Hersch al Teatro del Pavone. Segno di una sazietà professionale che appare davvero come qualcosa di molto lontano da questo settantenne entusiasta, ironico, evidentemente dentro al suo tempo come non lo sono tanti colleghi più giovani. “In internet ci sono molte cose terribili, ma cambierà e non se ne potrà fare a meno.” Sempre meglio della TV americana. “Pochissima qualità nel modo di porgere le notizie. Molto meglio i giornali europei”. Questa, ammetto, mi suona come una sopresa. Ma Hersch guarda ancora oltre: “Lavoro molto con i giovani giornalisti arabi. Vogliono mettersi in cammino, vogliono lavorare”. Hersch fa intendere l’importanza di un collegamento tra professionisti dell’informazione di mondi così diversi, e spesso in lotta tra di loro, per vincere i limiti e i danni della narrazione ideologica, quella che fa muovere guerra all’Iraq senza una ragione plausibile ma anche quella che tiene il Medio Oriente sotto lo scacco delle fazioni da troppo tempo. “Possiamo arrivare a una storia spinti dalle nostre idee. Ma quando siamo arrivati, dobbiamo fare in modo che le nostre idee non plasmino la storia”.

2 Comments »

  1. Inizio a pensare che con il ruolo che i mass-media (se posso chiamare così i canali tradizionali ad alto impatto) hanno ancora sull’opinione pubblica (e da questa su istituzioni varie) la crisi sempre peggiore del giornalismo investigativo – serio – sia un problema centrale per l’Italia (e per il mondo dove questo fenomeno accade). Ne va del nostro futuro.
    Ciao
    S&P
    PS: e quello che racconto non incoraggia

    Comment di sudorepioggia — 6 Aprile 2009 @

  2. un problema serissimo. sì, ne va del nostro futuro. dopo cinque giorni a perugia ne sono sempre più convinto. spero di scrivere qualcosa di chiaro in proposito nei prossimi giorni, stasera mi frullano troppe cose in testa.

    Comment di alessandro — 6 Aprile 2009 @

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