Cronachesorprese

3 Aprile 2009

Del piacere di snobbare Travaglio

Filed under: cronache — alessandro @

Oggi a Perugia era anche il Travaglio day. Al pomeriggio ha fatto finta di dialogare con qualcun altro sul tema Grillo, ma era solo l’antipasto per l’ one man show della sera al teatro del Pavone. Bene, ho avuto di meglio da fare in entrambe le occasioni. Primo perché ho già adempiuto altre volte al precetto della messa travagliesca e presumo di aver poco di nuovo da ascoltare da lui. Secondo perché seguire anche uno solo dei due incontri significava stiparsi come sardine dopo code chilometriche. Terzo perché le alternative erano tutte abbastanza appetitose e più consone a un Festival del giornalismo: se era per stare come davanti alla televisione evitavo di venire fin qui.

E quindi via a seguire: Zambardino e compagnia che discutevano di citizen journalism e nuovi modelli di consumo dell’informazione; i mondiali del giornalismo sportivo, eccezionale incontro con direttori o firme di punta di cinque tra i giornali sportivi più prestigiosi del mondo; la discussione sul caso di Mohammed Al-Dura che ha dato origine a un dibattito tra i più tesi e interessanti del Festival e di cui spero di scrivere domani, dopo il seguito fissato fuori programma con proiezione del filmato controverso e un’altra discussione che si preannuncia non meno vivace.
Stamattina invece prima di Johnny Riot ho seguito la rassegna stampa con Michele Serra e Giovanna Zucconi e la discussione su post giornalismo e nuovi linguaggi.

Michele Serra, abbondante selezione.
“Come costruirei oggi un giornale? Partendo dai giornali che già ci sono chiamerei venti ragazzi e direi loro: non così
“La qualità del web è la quantità. Se sul web una cosa è scritta così così non ci speculo più di tanto. A un giornale di carta chiedo una selezione efficace e come parla ad esempio del libro che mi interessa. Ci sarebbe uno spazio di mercato clamorosamernte vasto anche per giornali di carta affrancati dal linguaggio di pancia, dall’enfasi, dalla corrività”.
“Un esempio di vecchio clichet giornalistico che non si usa più da tempo: la bianca visitatrice è tornata (la neve)”.
“Lo svarione enorme non c’è più nella scrittura giornalistica di oggi, è molto meno frequente; ma venti o trent’anni fa si notava di più perché il controllo sul linguaggio era più forte. Gioielli come le pecore, trasformate in torce umane o Lumumba scuro in volto non si vedono più, ma forse è peggio perché c’è l’assuefazione all’uso enfatico della parola”.
“L’unica salvezza per i giornali è ripartire dalle parole, da una lotta quotidiana e disperata contro i clichet. Il Foglio di Ferrara all’inizio colpiva perché il linguaggio usciva nettamente dai clichet e rivelava un indirizzo di pensiero, una disciplina intellettuale”.

Vittorio Zambardino: “La censura purtroppo funziona per il 90% delle persone, non tutti sono geek che possono aggirarla. La censura è anche un clima politico che comunica sulla rete esclusivamente secondo la chiave del terrore, della criminalità. Gianni Mura mi ha detto una volta: tu ti occupi ancora di quella cosa di pedofili?. Per mura è una battuta, per la maggior parte dell’establishment italiano non lo è”.
“Io sono contro la mistica del giornale e contro la mistica del web. Gli italiani in larga maggioranza non hanno fiducia nei giornalisti. Il dato è molto chiaro a quei leader politici che saltano le istituzioni della democrazia, compresa quella vecchia puttana che è la stampa e si rivolgono direttamente al popolo. Un brivido più nazionalsocialista di così è difficile darlo, ma è pur sempre una forma di disintermediazione. Il potere e la politica hanno interesse a disintermediare”.

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