Cronachesorprese

16 Ottobre 2008

Faraway, so close

Filed under: cronache — alessandro @

Questo è un trentennale che voglio celebrare perché mi riguarda. Qualche giorno fa ho detto di avere quindici anni. In realtà ne compio oggi il doppio: trenta. Questo trentennale riguarda me e la definizione del mio senso di appartenenza alla Chiesa, perché quell’uomo l’ha resa certa in un periodo della mia crescita in cui poteva perdersi per sempre. L’ho visto e ho pensato subito: sono con te. La sorpresa profonda è stata occasionata principalmente dal vedere qualcuno che non avrebbe fatto rimpiangere la scomparsa improvvisa del suo già sorprendente predecessore. E anche oggi che ho cambiato molte cose, dopo scelte individuali che mi hanno allontanato dalla pratica religiosa (scelte comuni a tanti miei coetanei che coincidono spesso con la messa in discussione di quell’appartenenza) a me basta tornare alla sensazione limpida di novità di quel 16 ottobre 1978 per ripetere che, qualunque cosa faccia, io sono figlio di quella Chiesa come sono figlio di mio padre e di mia madre.

Non ho mai più avuto paura, da quel giorno. Di tante cose eventuali ho avuto paura, ma non ho mai più temuto l’unica cosa che fa veramente terrore: essere solo. C’è da quel giorno nella mia vita una compagnia profonda e una certa indefinibile serenità che niente è in grado di cancellare o di oscurare. E chi non ci crede che possa avvenire così e non si capacita che non sia un’illusione mi guarda periodicamente come se fossi un Giobbe, per valutare l’effetto di piccole e grandi avversità (che capitano a tutti) sulla mia intima certezza. Per vedere se finalmente rinsavisco e capisco il mondo e la realtà. Lo so già cos’è la realtà. Da prima di voi, e desidero sinceramente che sia così per voi e per tutti, perché non conosco altro modo efficace per surclassare la paura. Non per contrastarla, perché misurarsi sulla paura è il miglior modo per dargliela vinta. La paura è un fantasma, non ha sostanza e non può quindi essere sconfitta in campo a cappa e spada. Deve essere tolta di mezzo, con effetto accidentale dell’irruzione di qualcosa di troppo grande, che non la calcola, che la travolge. Aperite portas.

Straordinario, a pensarci, come queste cose si decidano soltanto in un attimo. Non in lunghe meditazioni. Non in preparazioni dottrinali rigorose. No, quelle cose vengono dopo. E non è neanche necessario che vengano. Chi pensa che il battesimo dovrebbe essere dato soltanto agli adulti non ha capito niente del cristianesimo.
E non è necessario neanche che poi venga una vita immacolata e irreprensibile. Ma quante immagini inadeguate deve sopportare di vedersi proiettare addosso, il cristiano. Come se dovesse essere la caricatura di un santino. Come se non avesse altre strade che una perfezione disumana sostenuta da una speciale ottusità o una proterva volontà di inganno e di sopraffazione attraverso forme religiose. Come se la gente che vive soffre e spera non lo capisse da sé, quando vede uno come Karol, se parla per grazia dello Spirito o per un disegno di potere. La gente semplice, quella che non si avviluppa nei discorsi e nelle teorie, o in un progetto che esclude qualsiasi cosa non sia prevista nel progetto.

Non esagero, e oggi lo dico con una consapevolezza che a tredici anni non ancora compiuti non potevo avere. Nel momento in cui si è affacciato al balcone, quell’uomo ha riproposto l’essenza del cristianesimo nell’unico modo in cui può essere posta: con una presenza umana che, anche senza dire o fare niente di speciale, porta una novità e una speranza inesorabili. Lo scherzo e l’amabilità di quella prima uscita da pontefice avevano già dentro la linfa di tutti i suoi viaggi, di tutte le sue encicliche, della sofferenza e della malattia portate al cospetto di tutti, perché avessero valore per tutti. Io penso che gli eccessi (perché di eccessi si tratta) dei papa boys e di una certa linea di sovraesposizione mediatica wojtyliana siano stati il tentativo di ricreare l’emozione dell’evento del 16 ottobre 1978. Ma sono stati tentativi umani, mentre trent’anni fa non c’era nulla di pianificato, nulla di premeditato. C’era la riproposizione del cristianesimo puro e semplice in un momento di grazia evidente. La presenza, “senza aggiungere subito mille precisazioni”, come dice giustamente Lucio Brunelli.

Non era, in breve, soltanto un’emozione.

4 Comments »

  1. Non aver più paura di essere solo e avere una certa indefinibile serenità scatena in me una sana invidia mattutina.

    Ciao

    Comment di M.me Jaspary — 17 Ottobre 2008 @

  2. m.me jaspary! I’m very honoured :-)

    Comment di alessandro — 17 Ottobre 2008 @

  3. io tifavo per siri, benché di fede opposta. calcistica, of course.
    l’ho ammirato per carisma, sul piano dottrinario e teologico avrei qualche riservuccia, ma l’annuncio della sua elezione è uno di quei momenti, pochi, in cui ci si ricorda dove eri e con chi. ha segnato il novecento.
    ciao
    s

    Comment di stefano — 18 Ottobre 2008 @

  4. io riservucce nessuna, anzi :-)
    credo tutto sommato, campanilismi e stima per l’uomo a parte, che sia stato un bene che siri sia stato sempre “piazzato” e mai vincente. ricordo che in un’intervista due o tre anni prima di morire lui stesso ammetteva (più o meno testualmente): “siamo di fronte a un grande pontificato”.
    ricordo anche un titolo quasi calcistico del secolo XIX, nei giorni del conclave: “questa volta siri potrebbe farcela” :-D

    Comment di alessandro — 19 Ottobre 2008 @

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