Cronachesorprese

12 Giugno 2008

Gonfiare le matiche

Filed under: parole, non fatti — alessandro @

È un comportamento tipico di diverse specie, piccoli roditori come il Topo d’ufficio (Murus burocraticus) o grossi e sgraziati uccelli come il Pavone da Evento (Pavo Kermessus, detto volgarmente Gallo portavoce).

Questi e altri animali scriventi, quando per qualche motivo si sentono minacciati e non al sicuro nella foresta delle parole (spesso per loro pericolosa e inospitale), si rifugiano nel sottobosco delle parolette infestanti, costituito per lo più da erbacce e funghi parassiti, un groviglio di organismi tallofiti che non saprebbero di niente se non succhiassero qualche umore ed essenza di significato dalle piante accanto alle quali vegetano.

Molto diffusi, ad esempio, i parassiti della Pianta del Tema. Si diividono in due grandi famiglie: le tematiche e i tematismi. Numerose anche le muffe del Noce del Problema (in inglese Heart of the Matter), note come Problematiche Sostantive Maiuscole, da non confondersi con le innocue problematiche aggettive, commestibili e indicate per diverse preparazioni verbali.

Il topo d’ufficio e il pavone da evento in situazioni di particolare stress si nutrono di tematiche, tematismi e problematiche in grande quantità. L’effetto immediato è un’aumentata aggressività che si traduce in comportamenti mimetici e rituali di preparazione alla lotta (gonfiare le matiche, appunto) per sembrare più grossi di quello che si è, un po’ come il gatto quando rizza il pelo o si mette di traverso.

11 Giugno 2008

Piovono gol, governo ladro

Filed under: cronache — alessandro @

Fantastico. Questa sì che è un’opposizione che vigila e non ne perdona una.

Pensava fosse amore

Filed under: semiminime — alessandro @

Le bombe di Bush erano così intellgenti da essere fraintese.

Il Divo

Filed under: lo spettatore indigente — alessandro @

il divo andreottiNon ho più rivisto da nessuna parte l’eccezionale intervista di Giuliano Ferrara a Giulio Andreotti. Era il 1993, erano i tempi in cui si discuteva l’autorizzazione a procedere. O forse era appena stata concessa e ci si preparava a vedere il sette volte presidente del consiglio alla sbarra degli imputati.
Se avessi voluto girare un film su Andreotti, probabilmente sarei partito da lì. Perché non mi era mai capitato di vedere un Andreotti così furiosamente determinato. Lucido, perché non è possibile pensare a un Andreotti che non sia lucido, anche nella rabbia. Ma furioso, indignato di vera indignazione. L’ho vista solo una volta quell’intervista ma la ricordo benissimo, ricordo i passi salienti, ricordo le battute più sarcastiche, così poco andreottiane. “Leoluca Orlando dice: non ho dubbi che Andreotti sia mafioso”. “E vabbé, allora io dico che lui ha delle case di tolleranza a Shangai, e vediamo”. Cose così che gli uscivano fluenti, non le solite battute tornite, levigate, gustate in chissà quante preventive meditazioni.

Chi se la ricorda quell’intervista? I padroni della grande narrazione colpevolista si guardano bene dal ripescarla. Ripescano il fermo immagine del sorrisetto di Andreotti il giorno dopo l’omicidio di Lima, un attimo prima di rispondere a una giornalista che chiedeva: “cosa succederà adesso?”. Sorrisetto che non vuol dire assolutamente niente. Soprattutto se non fanno mai sentire quello che Andreotti ha risposto davvero. L’intervista di Ferrara non la fanno vedere perché sanno che Andreotti in quella circostanza ha comunicato davvero la sua posizione e convinzione più intima a chi era abbastanza libero dalle narrazioni per intenderla. L’ha comunicata meglio che nei memoriali letti al processo, serrati e logicamente indefettibili.

Io sarei partito da quello. Ma non voglio sminuire i meriti del film e del regista Sorrentino. Che è stato sicuramente “cattivo”, come ha detto il senatore. Ma Sorrentino ha restituito non la storia di Andreotti politico, né tantomeno di Andreotti uomo; ha restituito la storia della narrazione Andreotti, con grande intuizione artistica ma anche con rigore documentario. Sorrentino ha raccontato quello che molti si sono raccontati su Andreotti. Ha raccontato il simbolo, ha raccontato la percezione del potere indotta da una propaganda che è faccia di un potere anch’esso storia d’Italia, e che spero non vinca la sfida di una storia che è ancora da scrivere sul primo mezzo secolo di storia repubblicana. Lo è quanto la pilatesca sentenza di cassazione che sta fruttando tanto, oggi, al talento affabulatore di un Travaglio, per fare l’esempio più illustre e attuale. E Sorrentino è piacevolmente ambiguo quando lascia intendere che, forse, un pochino di ironia non guasterebbe neanche agli affabulatori di professione. Stupenda ad esempio la scena di Andreotti con il fucile da caccia. O quella dell’Andreotti “punciutu”, che fa (ovviamente): “ahi”.

10 Giugno 2008

Satira blog: Giorgia Mecojoni

Filed under: spider report — alessandro @

giorgia meloni mecojoniQuesto piacerà all’imbarcata, sicuramente :-)
Mi chiedevo in effetti cosa aspettasse la satira a scatenarsi: Giorgia Meloni sembra fatta apposta. A essere maligni fino in fondo si potrebbe pensare che l’hanno fatta ministro per far sfogare un po’ di satira. Poi guardi il resto del governo e… :-)
Scherzo. Quelle vignette in stile Disegni e Caviglia sono molto divertenti, ma sulla Meloni non saprei che dire, non la conosco, non ho ancora nessuna idea precisa. Aspetto. L’ho sentita parlare una volta a Otto e Mezzo e non mi sembra né una fanatica, né una giovanilista, né una convinta di essere er mejo. Né, naturalmente, una “fascista” nell’unico senso in cui è ancora ragionevole usare questo termine nell’agone politico, cioé una violenta intollerante. Mi sembra una tipa ragionevole, mediamente preparata e intelligente. Valgono per lei tutte le considerazioni che ho fatto sulla scelta dei ministri, ma non ho (ancora) nessun motivo per parlarne male.
Una cosa è certa: un po’ di satira non può farle che bene.

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