Allora, mi sembra di poter sintetizzare lo stato dell’attuale dibattito in questi pochi punti.
1 – Non esiste nessun attacco diretto o indiretto alla 194 da parte dei cattolici o delle gerarchie ecclesiastiche. Nonostante ciò per tutta la campagna elettorale, con punte di alta insopportabilità intorno all’otto marzo, si leverà sempre più alto il chiasso sulle offensive clericali sul corpo della donna, e molti saranno sinceramente convinti che la Chiesa abbia avviato un’azione specifica su questo tema da qualche anno a questa parte, mentre la posizione della Chiesa è sempre la stessa (bella questa espressione di Monsignor Sgreccia: considerare l’aborto una faccenda privata “è uno sfrondone”): sono i termini della questione che cambiano, come è logico, con il tempo e i progressi della medicina. Ed è anche logico, e augurabile, che i progressi riducano le occasioni e la necessità di ricorrere all’aborto, e non le aumentino.
2 – Esiste un attacco ad alcuni punti qualificanti della 194 da parte di radicali, sinistra più o meno dura e pura, una parte dell’ordine dei medici che ha cercato un pretesto per parlare a nome di tutti i medici, strumentalizzando un’occasione ufficiale. Gli aspetti della 194 maggiormente sotto attacco sono il diritto all’obiezione di coscienza e l’obbligo ad abortire soltanto in strutture ospedaliere, anche quando saranno disponibili farmaci che creano l’aspettativa non fondata di evitare l’ospedalizzazione.
3 – Un altro aspetto della legge è applicato da sempre in modo discutibile ed è la tutela della salute fisica e psichica della donna, ma non se ne può parlare se no si viene accusati di attaccare la 194. Se si andasse davvero ad analizzare cosa succede negli ospedali si scoprirebbe probabilmente che sono molte le interruzioni di gravidanza praticate dopo i novanta giorni con criteri “larghi”, come ammesso pubblicamente da Silvio Viale. Allora torno a domandarmi chi è che sta davvero attaccando, e non da oggi, la 194. Sono anni che faccio questa domanda e nessuno mi dà risposte soddisfacenti. Forse a trent’anni dal referendum si verificherà questo paradosso: i cattolici a difendere l’impianto della legge, altri a demolirlo al grido di “ci vogliono togliere la 194”. Barrare la casella corrispondente con una crocetta: chi sarà chiamato oscurantista e chi progressista?
4 – Si tace su ciò che succcede da trent’anni negli ospedali ma si dà ampio risalto ad alcuni fatti spiacevoli successi negli ultimi mesi per far credere che esista un attacco subdolo e incrociato alla possibilità di ricorrere tout court all’interruzione di gravidanza.
Ferrara purtroppo fa gioco a chi vuole presentare i fatti così: nella sua personale campagna per una moratoria sull’aborto mischia ottime domande a provocazioni e argomentazioni risibili, violente e gratuite, che non aiutano ad affrontare razionalmente la questione. Sinceramente preferirei che tornasse a fare il giornalista a tempo pieno, cosa che sa fare bene e che non gli impedirebbe di occuparsi anche di questioni etiche.
Però sono convinto che parlare della realtà dell’aborto (che è l’uccisione di un uomo), come sta facendo Ferrara, non equivalga a bollare le donne che lo praticano come assassine. L’aborto è configurato dalla legge come legittima difesa: esiste l’eccesso anche in questo, ma è diverso dall’eccesso di un omicida. Io credo che un paese maturo e non oscurantista possa accettare che si parli dell’aborto per quello che è. Voglio la libertà di parlarne e non voglio bollare nessuno con marchi di infamia. Abbiamo bisogno di discrezione e sensibilità, ma anche di passione per la verità.
5 – Binetti ha parlato di obiettivo zero aborti ed è stata chiamata utopista integralista. All’integralista c’è abituata, all’utopista un po’ meno, ma non so quale delle due etichette sia più offensiva. La senatrice ragiona e ragiona bene, l’ha dimostrato in più di una occasione. Sui fatti di Napoli ad esempio ha criticato il comportamento della polizia: se la parola integralista ha un senso univoco (ho i miei dubbi in proposito), lei non lo è. Ad ogni modo è comodo bollare la sua posizione come utopica: permette di sdoganare altre posizioni né utopiche né accettabili, oserei dire oscurantiste, che tendono a negare umanità al concepito (e, come detto, ad andare contro la 194). Con queste posizioni è davvero difficile entrare in dialogo; con altre, come quella del sindaco di Genova Marta Vincenzi, forse è possibile, anche se non condivido l’idea che il feto sia “soltanto” una cosa sola con la madre. Naturalmente la madre non è solo un contenitore, ma il concepito non è soltanto un contenuto. Ammesso che il traguardo indicato dalla Binetti sia irreale e utopico, purtroppo non è irreale e utopica l’ispirazione eugenista di tante prassi sanitarie ed esortazioni più o meno pressanti a non portare a termine gravidanze che poi saranno “pesi per la società”. Allora, rischio per rischio, preferisco l’utopia binettiana.
Aggiiornamento del 27 febbraio
Radiowaves replica a questo post, io controreplico nei commenti.