Ieri questa notizia era tra le più discusse su blogbabel. In sintesi: in una parrocchia di Trento, durante una celebrazione, un anziano ha avuto un infarto ed è morto. La messa è stata inizialmente interrotta, poi è ripresa dopo l’intervento del pronto soccorso, in presenza del cadavere che è rimasto sotto un lenzuolo.
Quando ho visto la notizia su blogbabel c’erano otto blogger che l’avevano citata. Di questi, ben sette avevano usato nel titolo o nel testo la frase “show must go on”: neanche si fossero messi d’accordo. Probabilmente non hanno neanche letto l’articolo fino in fondo: basta considerare tutti gli elementi per capire che i giornali hanno scelto di dare risalto a una non notizia. O meglio, hanno enfatizzato un aspetto secondario di una notizia che, senza questo accorgimento, sarebbe rimasta confinata in un ambito locale. Ma sono quelle scelte fatte per incontrare il gusto di tanti (e l’approvazione del caporedattore che si guadagnerà uno spazio nella cronaca nazionale): tanti lettori che non vedono l’ora di esprimersi in proposito secondo canovacci ben definiti. Qualcuno poi si industria a metterci del suo. Gennaro Carotenuto ad esempio si è lanciato in una interpretazione del significato simbolico del lenzuolo sul corpo:
“Alla messa della domenica nella parrocchia trentina sarebbe stato più semplice trovare quattro ceri che un lenzuolo e pochi si sarebbero stupiti nel vedere per qualche minuto il corpo dell’anziano in terra, ma composto e con una corona di rosario in mano e qualche candela. Ma hanno cercato un lenzuolo…”
Peccato che nell’articolo è spiegato chiaramente che quel lenzuolo l’hanno messo gli operatori del pronto soccorso. Ed è spiegato anche che il corpo non poteva essere né toccato né rimosso fino all’arrivo del magistrato e dei necrofori comunali. Dunque dov’è lo scandalo? Una messa è un atto di culto, non uno spettacolo. Chi prega, in quella situazione, prega anche per il morto. Interpretare la scelta del parroco come un atto di indifferenza e insensibilità nei confronti del morto è ridicolo.
Però, automaticamente, sette blogger su otto hanno sentenziato: “show must go on”. Un esempio perfetto di applicazione acritica di un pregiudizio, di coazione pavloviana causata da una nube tossica. Ci sono degli schermi sui quali i pregiudizi si proiettano più facilmente, perché li si considera bersagli facili, nemici già affossati dalla mentalità corrente che nessuno si prenderà la pena di salvare. Uno di questi schermi è la Chiesa Cattolica.
Che vuoi che sia, si può sparare quanto si vuole su una messa mattutina di una parrocchia di periferia frequentata solo da qualche vecchietto rimbambito. E su un parroco che nella migliore delle ipotesi è rimbambito quanto loro, ma più probabilmente è un bieco sfruttatore della loro credulità. “Si vede che non erano ancora passati con il cestino delle offerte”, è uno dei graziosi commenti che ho trovato.
Posso dire, senza rivolgermi in particolare a nessuno, che la mentalità che genera questi pregiudizi mi fa schifo?