Cronachesorprese

27 Novembre 2007

Il capo dei capi e la TV che non deve piacere

Filed under: cronache — alessandro @

La discussione innescata dall’opinione di Mastella sulla fiction Il capo dei capi è esemplare. Politici e uomini di spettacolo non saranno mai in sintonia.
Non mi capitava da anni, se non da decenni, di fare il possibile per seguire una serie a puntate in televisione. A differenza di tante altre, Il capo dei capi è fatta bene e racconta una storia che umanamente è interessante e “prende”. Sono rimasto colpito ad esempio dall’esattezza della rappresentazione degli agguati, da come coincidono con i ricordi che ho di articoli di giornale e servizi televisivi. Andando a cercare ho trovato una differenza sostanziale in un solo caso: l’uccisione del commissario Boris Giuliano (Bagarella gli sparò alle spalle, non ponendosi davanti a lui). Tutte le sequenze degli agguati comunque mostrano, nei fotogrammi finali, immagini molto simili a quelle riportate dai giornali d’epoca, con un richiamo diretto alla cronaca e alla memoria collettiva che non ha niente di diseducativo.

Dice bene Michele Serra: il problema è proprio la qualità. Se la nuova fiction fosse il solito polpettone retorico andrebbe benissimo per tutti, nessuno avrebbe niente da dire: una delle tante produzioni di qualità medio bassa a cui la televisione, pubblica o privata non importa, ci ha abituati. Invece Il capo dei capi racconta mezzo secolo di ascesa e caduta dei corleonesi e del suo capo spietato e coraggioso. Si mostra tutta la spietatezza, ma si fa capire anche tutto il coraggio. Riina e Provenzano si sono mossi da Corleone alla conquista di Palermo con una determinazione che ha qualcosa di spettacolare. Grandi, nel male. E questo non si può raccontare con onestà e rigore, come fa la fiction, senza almeno far intravedere i motivi per i quali Riina è stato un capo: temuto sicuramente, ma anche rispettato e dotato di carisma e fascino, nel suo mondo di riferimento. Non è evitabile. O si fa il polpettone retorico o si racconta davvero. Inutile fare il bilancio su quanto c’è, nella fiction, di potenzialmente celebrativo e quanto c’è di rappresentazione oggettiva del male: è un modo ingenuo di affrontare la questione, perché il male più è grande e più è affascinante. Una verità elementare, che però è totalmente estranea agli schemi della cosiddetta TV pedagogica, oltre che alle preoccupazioni di molti politici.

Allora che si fa, non si racconta mai niente? Se, come sembra, ci sono oggi a Corleone e dintorni un po’ di ragazzini entusiasti delle gesta di Riina, chi può essere così presuntuoso da sapere come andrà a finire la loro avventura educativa? Non è vero forse che la mafia continua a reclutare? Guarda caso, senza fiction l’ha sempre fatto senza problemi.
Uno spettacolo, quando è fatto bene, fornisce occasioni per una elaborazione: può richiamare un vissuto personale o può servire da elaborazione preventiva di una possibilità esistenziale. Una fiction di successo contribuisce a rendere questa elaborazione sociale e collettiva, innesca discussioni, confronti, prese di posizione. In breve, stimola la capacità critica, che per la mafia è veleno. Non era necessaria per questo la fiction di Canale 5, che comunque non va, mi sembra, in direzione contraria. I ragazzi ammaliati dal capo dei capi sono indotti a venire fuori, a confrontarsi. Saranno un po’ di meno del solito quelli che subiranno la fascinazione della mafia in solitudine e senza possibilità di vagliare e discutere alternative con i loro coetanei.

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