Cronachesorprese

11 Settembre 2007

11 settembre 2001

Filed under: cronache — alessandro @

Cosa stavo facendo? Niente di particolare, ero al lavoro. La mia fidanzata dell’epoca invece quel giorno era a casa: è stata lei a chiamarmi dopo aver sentito la notizia su Radio Capital.
Di lì a dieci minuti è cominciato il viavai dei colleghi che portavano frammenti di notizie assurde sul numero delle vittime e sull’area interessata al disastro. Io ho cercato subito di collegarmi al sito di Repubblica, ma l’home page non rispondeva e ancora non c’erano molti altri siti che davano informazioni tempestive. Ho cominciato a guardare sui newsgroup italiani, ma il risultato non era molto diverso da quello delle voci che mi arrivavano in ufficio.
Quando finalmente sono riuscito a collegarmi a Repubblica e ho visto le prime foto ho pensato quello che hanno pensato in molti, che fosse una guerra. Ma una guerra all’inizio? No.

Non saprei dire in realtà quanto la notizia mi ha stupito. Tutto il 2001 è stato un taglio netto con il passato. Era terribile vedere le torri che crollavano, ma io meno di due mesi prima avevo visto la mia città sconvolta dalle prove di guerriglia e di repressione durante il G8. E avevo passato tutta l’estate portandomi dentro quella ferita, rimuginandoci su, chiedendomi come avrei potuto essere io, nelle scelte da fare, nel pensare alla mia vita, nelle parti da prendere, nella verità da cercare. Prima del G8, prima che succedesse tutto quel casino, avevo litigato a male parole con un amico: ci sentivamo invasi entrambi da quell’evento imminente ma reagivamo in maniera diversa, invece di aiutarci a guardarlo senza farci travolgere. Ero stato male, perché in quella discussione mi ero sentito come portare via, strappare alla mia individualità. Mi avevano già portato la guerra in casa e sotto pelle, queste due parti irragionevoli che si combattevano ognuna da dietro la trincea della loro irragionevolezza, e io che stavo in mezzo ero quello veramente ferito. Non quelli che ritenevano per qualche motivo fallace di aver ragione. Io, che osservavo con impotenza i miei amici, le persone che conoscevo, dividersi e litigare sul nulla, così inutilmente orgogliosi e affamati di foraggio per le loro interpretazioni.

L’11 settembre quegli aerei conficcati nelle torri gemelle erano, per me, una conferma e una rappresentazione molto spettacolare di quella ferita. Non una ferita diversa o più profonda.

10 Settembre 2007

Future inspiegabili stragi familiari

Filed under: semiminime — alessandro @

Si sono conosciuti su internet e hanno chiamato il figlio Yahoo.
Questo vuol dire cercarsele.
Poi magari il cane lo chiamano Edoardo.

7 Settembre 2007

Me li voglio proprio perdere

Filed under: reading — alessandro @

Nella vetrina libri di blogbabel noto questa settimana un curioso affollamento di manuali di devozione per giovani atei. Dopo l’esilarante “saggio” (rotfl) di Odifreddi credo fideisticamente che mi perderò senza alcun rammarico anche i seguenti.

Giulio Giorello – Di nessuna chiesa. La libertà del laico
Motivazione. Sono stato educato alla libertà nella Chiesa cattolica, di sicuro non ho bisogno di reimpararla da altri. E ho il fondato sospetto che il buon Giorello, che pure stimo come filosofo della scienza, voglia spiegarmi che non si può essere liberi e contemporaneamente appartenenti a una chiesa. Naturalmente è falso. Piuttosto bisognerebbe andare a stanare le troppe chiese che non si dichiarano tali.

Richard Dawkins – L’illusione di Dio. Le ragioni per non credere
Motivazione. Questo vuole “dimostrare” che Dio non esiste. Poverino.

Lopez Campillo e Ferreras – Corso accelerato di ateismo
Motivazione. Su questo in realtà sono possibilista, perché sembra che abbia lo scopo di insegnare la tolleranza agli atei, e credo proprio che ne abbiano bisogno. Però è veramente ingenuo dipingere i credenti come quelli “che vivono di certezze, di serenità, di fede”.

Ad ogni modo, non so se sia presto per parlare di moda editoriale, ma una tendenza mi pare di vederla. Se escono così tanti titoli sull’argomento vuol dire che hanno mercato. Quindi mi preparo: nei prossimi anni incontrerò tanti giovani filosofi che vorranno offrirmi la spada affilata del dubbio e insegnarmi l’arte di usarla, perché i credenti non sarebbero abili a forgiarsela e a brandirla da soli. Quanto poco ci conoscono.

6 Settembre 2007

Bitte Ruhe, Ruini

Filed under: cronache — alessandro @

Ovvero: silenzio, Ruini. In tedesco. Ma non è Ratzie a rivolgergli questo sbrigativo invito, bensì una miriade di commentatori, giornalisti o blogger non fa differenza, che amano il confronto e il dialogo solo fino a quando non è un cattolico a chiederli. L’ho messo in tedesco perché mi piaceva il gioco di parole ma anche perché a questi commentatori manca solo di essere tedeschi, e le etichette di autoritarismo che hanno appiccicato del tutto gratuitamente a Ratzie (applicando l’equazione tedeschi uguale nazisti che in qualsiasi altro contesto farebbe scoppiare un finimondo, ma il papa deve sopportare…) starebbero benissimo a loro. “La 194 non si tocca” è un dogma, se qualcuno ancora non se ne fosse accorto. Ruini o chi per lui vuole discuterne? Bitte Ruhe.

I cattolici invece giustamente se ne fottono, e discutono, com’è nel loro diritto di cittadini italiani. Monsignor Luigi Negri è d’accordo con Ruini. La Binetti è d’accordo solo parzialmente. Castagnetti contesta a Ruini di essere in contraddizione con quanto diceva due anni fa in occasione dei referendum, ma Quagliariello, riportando le reali parole del cardinale (e spiegando bene il contesto) dimostra che non è così.

Insomma, c’è un dibattito tra i cattolici, un dibattito che vede posizioni e sfumature diverse, un libero scambio di idee. Non da oggi: è dall’81, dal giorno dopo il referendum, che si discute su come migliorare, applicare meglio, aggiornare la 194. Ma molti preferiscono non vederlo e danno per scontato che questo sia impossibile: libero dibattito? Ma scherziamo? Ruini “dà la linea” e basta. Non è più presidente della Cei, ma è lo stesso. Ruini non può più permettersi di dire alcunché. E se lui o qualcun altro proveranno a obiettare che sono solo posizioni personali, l’indignazione sarà ancora più acuta: ma basta con questa storia delle dichiarazioni non ufficiali, è il solito giochino.

Capito, Ruini? Devi stare zitto. Questa è l’idea di libertà dei “laici” di casa nostra. In attesa dei microfoni in bagno che faranno diventare qualsiasi esternazione dell’ex presidente della Cei una dichiarazione ufficiale della chiesa (metti che si taglia mentre si fa la barba: in quattro e quattr’otto, con due o tre lanci di agenzia ben fatti, si può sostenere che il Vaticano sta per rivedere un bel po’ di definizioni dogmatiche), i solerti giornalaicisti si sono piazzati alla Summer School di Magna Charta, pronti a scattare. A un anno dal blitz di Ratisbona, il metodo di disinformazione definito in quella solenne occasione ha ormai fatto scuola.

5 Settembre 2007

Un calcio ben dato

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adriano gallianiCaro Galliani, non te lo volevo wimbledon, però non m’interessa se voi “grandi” avete l’84% dei tifosi. Da quando esiste la pay tv avete tentato, usando tutta la vostra forza, di far valere il principio che le squadre in lega “rappresentano” i loro tifosi, e se hanno più tifosi contano di più. Questo principio non regge alla realtà dei fatti, è pretestuoso, serve solo a mantenere lo status quo, va contro la ragion d’essere di una lega calcio formata dalle società su base paritaria; di più, è la causa principale di una spartizione che va ben oltre i soldi dei diritti televisivi, ha avvelenato il gioco alla fonte e ha fatto fare al calcio italiano la peggior figura della sua storia in un anno che poteva essere uno dei più gloriosi, grazie alla vittoria ai mondiali.
Che voi pretendiate di rappresentare i vostri tifosi (solo quando vi fa comodo, inutile dirlo) è ridicolo. Allora mettete un rappresentante dei tifosi nei vostri consigli di amministrazione, se avete coraggio; fate prezzi popolari allo stadio, agevolate le famiglie e ostacolate i violenti, fate corrispondere al più efficace controllo dell’identità all’ingresso, imposto da leggi un po’ sommarie, almeno un aumento dei servizi. Il principio è semplice. I tornelli permettono di sapere con ottima approssimazione chi è dentro lo stadio. Se l’identificazione vale per un controllo, può anche valere per dare un servizio migliore e personalizzato. Ma voi non ragionate così. Per voi i tifosi sono solo dei numeri. Vi accaparrate i dati personali con tanto di autorizzazione al trattamento ma non date nessun sensibile miglioramento del servizio. Allora non avete nessun diritto di andare in lega a farvi forti delle adesioni dei vostri tifosi per conservare privilegi che gli stessi tifosi non vogliono difendere. Se siete così sicuri della vostra capacità rappresentativa, provate a fare un referendum tra i vostri sostenitori e vediamo cosa pensano della spartizione dei diritti televisivi. Vediamo se sono tutti d’accordo sul fatto che le squadre che hanno più tifosi debbano avere più soldi. Ci sarebbe da ridere, non pensi?
Quindi lascia perdere, Zio Fester. Prima di minacciare ridicole scissioni pensa a questo: i tifosi ti darebbero mandato a fare una simile fesseria? Abbozza, hai perso, uno a zero per gli altri e palla al centro. Non frignare, nun è cosa, come direbbero i tifosi della squadra del tuo amico De Laurentis. Siete stati messi in minoranza non per un’ingiustizia, ma perché il vostro modo di procedere è dannoso per il calcio italiano, e finalmente le altre società se ne sono accorte. O meglio: finalmente hanno deciso di prendere loro il pallone in mano. Perché, carissimo, non sei il padrone del pallone, anche se hai sempre l’atteggiamento del bambino che lo porta al campetto, stringendolo tra il fianco e il braccio e cominciando ancora da lontano a dettare le sue condizioni. Il principio tanti telespettatori tanti soldi, finalmente, vacilla. Fattene una ragione, non è un comandamento. Anzi, mi pare proprio una cazzata. Non c’è nessuna ragione per replicare anche nella spartizione dei diritti televisivi una disparità economica che esiste già per tanti altri fattori: piuttosto, i diritti televisivi devono servire a riequilibrare le disparità, per quanto è possibile.
Inventatene un’altra, oppure (sarebbe meglio) rassegnati al fatto che ogni campionato comincia con tutte le squadre a zero punti, e ogni partita comincia dallo zero a zero. Ma sul serio, non solo virtualmente.

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