Cronachesorprese

14 Marzo 2007

Una splendida sessantenne

Filed under: spider report — alessandro @

sampdoria 1946Il sito è semplice e non è certo il massimo come grafica e programmazione, però il cuore ha delle ragioni che la web usability non conosce, e quindi questo tributo alla storia della maglia più bella del mondo non posso evitare di segnalarlo. Dico maglia perché, come è evidente dall’ampia documentazione fotografica, la storia delle progenitrici Andrea Doria e Sampierdarenese è ben più lunga dei sessant’anni che ha compiuto nell’agosto scorso la Sampdoria. Una preistoria forse non gloriosa dal punto di vista strettamente sportivo: nessun trofeo e tante battaglie all’arma bianca con tutte le squadre e su tutti i campi di inizio secolo, roba da operai, roba da far svenire al primo minuto i viziatissimi pedatori attuali. Ma storia di grande significato per Genova e per il territorio. Chi conosce Sampierdarena non può non stupirsi a vedere le foto degli anni venti del campo di Villa Scassi, in mezzo ai palazzi e sull’attuale tracciato di via Cantore; chi conosce l’attuale zona dello stadio Ferraris sbalordirà a vedere le immagini della cosiddetta Caienna, dove giocava l’Andrea Doria, che era posizionata più o meno dov’è l’attuale gradinata nord dello stadio genovese, tra il campo grande che sorse dopo (e con il quale visse gomito a gomito per un bel po’) e il carcere di Marassi. Queste foto raccontano dunque, oltre a un calcio che sembra lontano anni luce e in realtà è presente ogni giorno nelle migliaia di campi di quartiere disseminati in tutta Italia, le trasformazioni di una città bella e incasinatissima nel corso di un secolo. Perché è stata la Sampdoria, più di altre squadre cittadine, la testimone di quelle trasformazioni e il riferimento per l’umanità che lavorava, tribolava e si avvicendava attorno a cantieri navali e stradali, crogioli d’altoforno, palazzi in costruzione e in demolizione.
Poi ci sono gli audio, i video, le immagini di tutti i campionati. Tante facce di giocatori, tante istantanee di azioni di gioco, di pubblico, di manifesti, di pubblicità. Poi articoli di giornali, biglietti, gadget e curiosità. Anche il modo di raccontare e rappresentare il calcio è cambiato: ma non una, tante volte, perché il calcio gradualmente è diventato fenomeno sociale ed economico sempre più rilevante, e ha dovuto portare e sopportare tanti significati diversi, e di molti avrebbe anche fatto a meno. Ma già in questa documentazione ricca e multiforme, fatta di reperti ancora palpitanti seppur minimi, si vede la vastità di emozioni e tipi umani che una squadra di calcio dal tifo popolare e spontaneo come la Sampdoria riesce a rappresentare: consideriamo ad esempio come estremi l’ingenuità, l’entusiasmo fanciullesco di alcune (tremende) canzoni degli anni 70 e gli striscioni contro il nucleare degli anni 80. Ma c’è veramente di tutto. Io sfido qualunque sampdoriano a fare meno di 200 page views visitando questo sito: e pazienza se il tasto destro è disabilitato, vuol dire che se vorremo rivedere uno di questi frammenti lo metteremo tra i preferiti. Tra i miei c’è finito dopo venti secondi.

12 Marzo 2007

Estetica entropica

Filed under: semiminime — alessandro @

il fascino del disordineNon può essere un caso che abbiano allestito questa mostra davanti a casa mia…

9 Marzo 2007

Differenze che non Dico

Filed under: Il postulante de-genere — alessandro @

Provo a rispondere brevemente e semplicemente alla domanda di Vanz, che chiede: che senso ha essere a favore dei dico ma contrari a concedere l’adozione alle coppie omosessuali?
Sui dico ancora non dico: non mi pronuncio, perché trovo molto male impostato l’attuale dibattito sia in parlamento sia tra la gente comune.
Sull’adozione penso questo: preferisco considerare il diritto del bambino all’adozione. Il soggetto del diritto è il bambino: non intendo che il diritto dei genitori ad adottare non esista, ma è secondario, è una conseguenza del diritto del bambino ad essere adottato.

Del tutto inutile, e irrilevante ai fini della questione, cercare di definire la capacità di una coppia omosessuale a crescere bene un bambino. Chi può negarla, onestamente? Chi può negare, altresì, che esistano concretamente situazioni di famiglie “tradizionali” ben più pericolose per l’equilibrio di un bambino? Quando una coppia comincia la scommessa di un avventura educativa non si può stabilire a priori come andrà a finire. Ma non è di questo che si deve discutere.

Per quale motivo, nel momento in cui ho un bambino da affidare a una coppia, dovrei affidarla a una coppia omosessuale? Se in questione è in primo luogo il diritto del bambino, penso che il primo dovere di chi decide sia dargli un’opportunità il più possibile vicina a quella che avrebbe avuto con i genitori naturali, chance che per qualche motivo ha perso. Poiché soltanto in seconda battuta devo considerare il diritto dei genitori ad adottare, scarto l’opportunità di concedere l’affidamento a una coppia omosessuale già in linea di principio. Perché, dal punto di vista del bambino, quel diritto diventa irrilevante. Dovrei forse considerarlo rilevante? Perché non dovrei considerare come fattore positivo, se non decisivo, la differenza sessuale tra i genitori? Per me deve esserlo. E non perché veda gli omosessuali come mostri. Convincetemi del contrario. Cioé, dovete convincermi non del fatto che due omosessuali potrebbero essere dei buoni genitori, cosa che non metto in dubbio, ma del fatto che non sia giusto dare la precedenza a una coppia eterosessuale. Quanto ai genitori divorziati single, la questione non si pone, cioé è allo stesso livello: ci sono tante coppie eterosessuali in età riproduttiva che non vedono l’ora di adottare. Non vedo perché dovrei dare la precedenza a un single. E accendere controversie su chi debba avere precedenza tra coppia omosessuale e single divorziato, francamente, mi sembra il trionfo dell’astrazione.

Vanz chiede: “quali sono i diritti dei bambini che sono violati dall’adozione per coppie gay?”. La mia impressione è che si voglia censurare ideologicamente la reale differenza che esiste tra una coppia omosessuale e una coppia eterosessuale, come se affermarla comporti necessariamente negare l’uguaglianza tra gli individui e discriminare gli omosessuali. Ed è su questo che bisogna discutere. Sarebbe discriminazione levare a un omosessuale un figlio naturale. Non è discriminazione non dargli un figlio che non può avere. Quindi rispondo alla domanda con un’altra domanda. Perché il legislatore non dovrebbe tenere conto della differenza naturale tra coppia omosessuale e coppia eterosessuale, nel definire diritti e doveri? Soprattutto se in questione non è il diritto di una coppia, ma il diritto di un soggetto inizialmente estraneo alla coppia, come un bambino da adottare? In nome di cosa?

Spero di essere stato utile. Saluti.

8 Marzo 2007

Rosso come il cielo

Filed under: lo spettatore indigente — alessandro @

rosso come il cieloDi film che dipingono suore aguzzine che imperversano in collegi carcerari ne abbiamo le scatole piene, e purtroppo è un triste dovere, ogni volta, notare che queste descrizioni hanno l’insistenza e l’invariabilità dei clichet. Occorre dirlo perché il pubblico vi aderisce troppo acriticamente, perché è sentire comune, perché il potere di oggi vuole che questa descrizione attecchisca. La religione e i religiosi sono il capro su cui buttare i mali del mondo nell’illusione, vecchia come il mondo, di liberarsene.

Ma a Rosso come il cielo si perdonano molto volentieri i rari e non onerosi dazi che paga a questa mentalità. Anche perché la realtà dell’istituto Chiossone di Genova per ciechi alla fine degli anni sessanta doveva essere ben più cruda di quella dipinta nel film. Non per responsabilità dei religiosi e delle religiose che vi lavoravano naturalmente, ma perché davvero la società intera considerava i disabili visivi soltanto dei poveretti ai quali non bisognava dare troppe illusioni. I religiosi si presero anche in questo caso, come in tanti altri, l’onere di occuparsi di queste realtà, fino all’avvento delle anime belle, angelici annunciatori delle delizie delle moderne pedagogie, che li avrebbero dipinti come mostri. Peccato che sti figaccioni siano arrivati soltanto con il maggiore benessere economico. Quando il gioco era duro, giocavano soltanto i duri davvero disinteressati, ovvero le suore con i coglioni quadri.
Apprezzabile comunque che il vero “cattivo” nel film sia un laico direttore con qualche problema personale.

Il film è la storia di una vittoria del desiderio di un bambino, ed è una storia vera. Lo schema alla attimo fuggente, senza però annichilimento finale, aleggia appena come modello. La poesia si può raggiungere non solo attraverso le eroiche e altisonanti performance del professor Keating, ma anche con un registratore a bobina che insegue qualsiasi rumore, qualsiasi suono, anche nella difficoltà del buio e della clandestinità, in una scena in cui ogni mossa è proibita a chi non ha il diritto di desiderare. I ragazzi protagonisti sono incredibilmente convincenti. Il regista Cristiano Bortone ha vinto una scommessa difficile: ha messo insieme ragazzi vedenti e non vedenti, e ha chiesto ai non vedenti di insegnare agli altri come ci si muove in un mondo al buio; e poi ha fatto affiatare e giocare tutti, al punto da raggiungere un livello di naturalezza e di improvvisazione che è andato a compensare, per sua stessa ammissione, le falle di una sceneggiatura a tratti un po’ scontata. “Noi sceneggiatori abbiamo così poca fantasia…”, ha detto. Il titolo stesso del film è frutto di un’improvvisazione guidata, e, facile immaginare, molte delle scene più belle sono nate con lo stesso metodo.

Molti ragazzi lo vedranno a scuola (e sarà una gran bella esperienza per loro), perché il film è nato già chiaramente con questo target. Le matinée, almeno in Liguria, sono già belle e programmate. Ma per me il film vale sicuramente anche una serata tra “grandi”.

4 Marzo 2007

L’eclissi del sabato sera

Filed under: cronache — alessandro @

eclissi di lunaPer goderci l’eclissi di luna siamo andati sul monte Fasce. Un posto normalmente frequentato solo da coppiette che si infrattano è pieno di gente che guarda il cielo. Molti fanno la coda ai telescopi dell’associazione astrofili.

Non è caldo, ma il freddo e l’umidità sono sopportabili: non è disagevole stare fermi più di un’ora ad osservare.
Man mano che il chiarore si affievolisce aumenta la folla. Verso mezzanotte sul piazzale ci sono, a occhio e croce, trecento persone. Compagnie di amici, famiglie con bambini anche piccoli.

Capannelli consistenti si addensano come nebulose attorno ai telescopi e agli astrofili che illustrano, a chi vuol sentire, qualche porzione di mappa celeste. Quando la luna ha ormai soltanto una specie di coppola poggiata un po’ di sbieco sulla testa, qualcuno dietro di me annuncia: “comincia ora la fase di totalità“. Io sto guardando al telescopio una cosa bellissima, che avevo visto soltanto in foto: Saturno, splendente, con gli anelli perfettamente visibili. Sembra finto, sembra una sagoma appiccicata lì per buggerarmi. E poi una stella che a occhio nudo sembra una ma in realtà è una stella doppia. Si spegne la luna e balza fuori il cielo, nonostante la foschia e le condizioni atmosferiche non ottimali, dicono gli esperti.

Genova, là sotto, è un altro firmamento. Sembra quasi una città seria, una vera metropoli. Con una livrea simile mi ha fregato, diversi anni fa, facendosi ammirare e giurare passione eterna in una notte di fine inverno come questa, dal santuario del Monte.

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