Cronachesorprese

26 Novembre 2006

My name is Cronache. Alex Cronache.

Filed under: news factory — alessandro @

james bondOk, mi arrendo. Dopo la gentile richiesta di Carola, e dopo un commento lasciato a un post di Tambu, voglio evitare equivoci, e creo un utente con il mio – vero – nome. Scindo definitivamente il nome del blog dal mio. Se CronacheSorprese fosse un giornale non ci sarebbero possibilità di equivoco, no? Voglio dire, nessuno pensa che un articolo firmato “La Repubblica” che appare sulla Repubblica sia scritto necessariamente da una donna. Inoltre, anche se vorrei mantenere un semianonimato (perché l’anonimato totale su internet è un’illusione, o almeno un errore di prospettiva) mi fa piacere venire incontro alla richiesta e comunicare il mio vero nome. Per il cognome ci stiamo attrezzando: spero cioé che ci siano buone ragioni in futuro per dire anche il cognome. Per il momento non ci sono. Quindi insomma, d’ora in poi firmerò i miei commenti, su questo e su altri blog, come Alessandro.

L’occasione sembra buona, inoltre, per dire qualcosa sul nome del blog. Come ho già detto un’altra volta, questo non è un diario. E neanche un blog “personale” nel senso stretto della parola. Questo blog aspira a rendere conto (sporadicamente, episodicamente, senza nessuna pretesa di puntualità e completezza) di fatti e di opinioni, come se fosse un giornale. Vuole sorprendere la cronaca nel suo farsi, vuole dare spunti di riflessione su come si fa informazione, su come le notizie vengono scelte e offerte. E questo è il primo significato delle sorprese. Certo le opinioni sono le mie opinioni. Ma cerco sempre di riportarle individuando un minimo comune denominatore con chi legge, come farebbe un commentatore di un giornale. Il che non significa cercare consenso: non mi importa andare incontro alle attese di qualcuno, voglio che anche chi non la pensa come me consideri e riconosca, in un fatto, gli aspetti che io voglio mettere in evidenza. Il commento giornalistico è innanzitutto questo: una selezione più energica e personale, per così dire, sui fatti, per rendere ragione di un punto di vista. La stessa selezione può essere usata dal lettore o da altri commentatori per tirare conclusioni diverse se non opposte.

Il secondo significato è lo stupore, la capacità di stupirsi e di fare domande che è necessaria per fare il giornalista. Quel modo di vedere le cose per cui niente è davvero scontato: non ci sono fatti che non sono degni di considerazione, ci sono solo fatti che si ripetono con regolarità, altri con meno regolarità, altri sono rari, altri eccezionali, altri (forse solo uno) accadono una volta sola nella storia. Ma tutti i fatti sono raccontabili e hanno valore. Il giornalista lo sa, lo sente, anche se il suo problema quotidiano è spesso un altro: andare dietro alle attese di editori, fonti e lettori, cercando di tenere salda la penna in mano, per non farsi dettare niente da nessuno. La notizialibilità è influenzata da queste attese tra le quali il giornalista cerca di mediare. Ma la sorpresa viene prima della notiziabilità, e chi fa informazione deve essere sempre aperto a questo, deve lasciarsi invadere da qualcosa di sorprendente, quando si manifesta. Io diffido dei giornalisti che guardano con noia, scetticismo e sufficienza i fatti non notiziabili nel qui e ora (perché non c’è niente di più fragile della notiziabilità: uno stesso fatto che oggi è notiziabile e sta su tutti i giornali domani può essere completamente ignorato). E non ci sono fatti più o meno entusiasmanti: ciò che entusiasma davvero il giornalista è la possibilità di essere testimone di qualcosa. Non importa cosa. Io non credo alla superiorità del giornalismo specializzato. Credo che la specializzazione del giornalista sia la voglia di informare e raccontare. Poi la storia personale porta a occuparsi di un argomento e non di un altro. Ma in fondo è accidentale.

Due significati, quindi. Nel primo la parola sorprese è aggettivo, nel secondo è sostantivo. Mi piace giocare su questa ambiguità che in realtà è una ricchezza di significato. Buone cronache a tutti.

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