Cronachesorprese

11 Luglio 2006

Campioni “nel” mondo

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Ho guardato con insistenza l’insistita ripresa televisiva sull’insistito gesto di Cannavaro che tende la coppa del mondo al Circo Massimo in delirio, e ho provato sensazioni contrastanti. Quel gesto mi piace perché è puro, è simbolo e veicolo di energia che viene offerta a tutti perché si riconosce che è di tutti. Per questo la nazionale è una gran bella cosa.

Ma l’energia è energia. Non è né buona né cattiva. È buona se scorre, è cattiva se non scorre.
Siamo stati tutti inerenti, per giorni se non settimane, a questo evento, ci siamo messi in relazione tutti in qualche modo con quello che succedeva a Dortmund e a Berlino. L’abbiamo fatto con la leggerezza e grazie alla leggerezza del simbolo sportivo. Ha ragione Calvino a ravvisare nella leggerezza una parola chiave dell’epoca che lui presentiva, e che noi stiamo vivendo. La leggerezza dello spettacolo coagula spiriti ed energie, e non c’è nient’altro in grado di farlo in maniera così efficace, in questo momento storico. Demonizzare lo spettacolo come l’ipostasi più avanzata e insidiosa del capitale è stupido. Di quella stupida superficialità di cui è capace solo l’intellettualità disincarnata, quella che pretende di analizzare il secolo senza viverlo e amarlo.

Ma la leggerezza crea solo buone occasioni. Poi dovrebbe entrare in azione un’altra delle parole chiave di Calvino, la rapidità. Se tutti ci siamo messi in relazione con quell’evento, e lo abbiamo fatto davvero tutti senza che il calcio o l’interesse per il calcio fosse determinante, lo abbiamo fatto grazie all’immediatezza del linguaggio del calcio e lo abbiamo fatto perché sentivamo il bisogno di guardare tutti in uno stesso punto. Per riconoscerci, per creare occasioni di memoria collettiva. Ma se ne ha bisogno come si ha bisogno di segnare delle tappe. Per ripartire.

L’insistenza di quel gesto del capitano è pura. Quella coppa è di tutti, e il capitano vuole che quell’energia scorra in tutti. Che non si fermi. Il primo stagno, la prima palude da evitare è la ridondanza dell’autocelebrazione. Speriamo.

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