Cronachesorprese

10 Febbraio 2005

The electric Ehm

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"Ormai, quando Hal era sul punto di fare un annuncio imprevisto, si riusciva sempre a capirlo. I rapporti consuetudinari e automatici, o le risposte alle domande postegli, non avevano preliminari; ma quando si proponeva di parlare di sua iniziativa, le sue uscite venivano precedute da un breve schiarirsi elettronico della voce."

Arthur C. Clarke, 2001: Odissea nello spazio

9 Febbraio 2005

Aviator

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Prima di vedere questo bel film di Scorsese associavo il nome di Howard Hughes sostanzialmente a due frammenti. Il primo è il formidabile incipit di American Tabloid di Ellroy, il secondo è la citazione dei Genesis in Broadway melodies of 1974, quella stupenda carrellata dei "fantasmi" dello spettacolo americano evocata nel terzo brano di The lamb lies down on Broadway:

..there’s Howard Hughes in blue suede shoes
smiling at the majorettes smoking Winston cigarettes…

C’è un fremito nella musica in corrispondenza di quel passaggio, un impennarsi emotivo nel canto di Peter Gabriel che mi ha sempre colpito, fin da quando ho ascoltato per la prima volta l’album, qualcosa come 23 anni fa. Ieri, dopo aver visto il film di Scorsese, credo di averlo capito un po’ di più. Hughes non è un paperone americano qualsiasi, è uno che rischia di persona, certo mitomane ed egocentrico (per occultare a se stesso un abisso di fobie davvero spaventoso, fa capire Scorsese) però motivato ultimamente dall’intuito e da un impulso a costruire qualcosa di più grande di lui, non dall’interesse fine a se stesso.

Aprire strade nuove, nell’onda di quella pura ebbrezza che solo i pionieri dell’aviazione hanno provato e che Hughes dimostra di avere intuito con la precisione di cui è capace soltanto un innamorato. Una passione vera, quindi non assimilabile alla retorica superomistica, nazionalistica e guerresca che negli stessi anni imponeva nella politica e nella cultura la sua tragica escalation.
Molto, ma molto di più. Siamo oltre la politica, prima della cultura. Costruire strumenti perfetti e stupendi per trasumanare, non per opprimere. Una generosità incommensurabile perché rifiuta la misura umana, condannata a rimanere intransitiva: destino triste ma comune a tanti grandi della prima metà del novecento. Hughes era un Saint-Exupery più ricco ma meno aristocratico, più fragile umanamente ma meno pensoso.

L’interpretazione di Di Caprio dello Hughes del dopo-incidente è davvero notevole. Dalle foto d’epoca che si possono trovare su internet si capisce che lo studio del personaggio è stato molto accurato, e la somiglianza risulta impressionante.

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