Cronachesorprese

20 Febbraio 2005

Lontano, lontano, oltre Milano…

Filed under: le specie musicali — cronachesorprese @

Poveri musicisti, pronti allo scatto come cavalli di razza sulla chorus line dello Smeraldo, in attesa dell’inevitabile trottata. Il loro aguzzino in salsa astigiana entra veloce come un pesce del baltico, accenna un inchino al pubblico e si avventa sul pianoforte con aria famelica.

Comincia a traslare morbidamente l’intero teatro ‘n coppa al mistero afghano della donna d’inverno, e in breve la sala avverte lo stordimento di un vecchio sparring partner. Ormai siamo una corba di pesci da friggere. In capo a due brani è già il pieno della Comédie Contienne. Come di. Come di un verso in rima sdrucciola / che nello stomaco ti gocciola / come di / come un "between the sheets" ;-)
Da da da ddam, da da da ddam… si parte.

Canzoni vecchie e nuove si fondono in un continuo che racconta di un percorso artistico convincente come pochi altri in Italia. Se l’interpretazione di Bartali era sicuramente più trascinante una ventina d’anni fa (ma oggi, dal vivo, si arricchisce del pregio della rarità), che dire di questa verde milonga che con il passare del tempo rivela di sé molto, molto più di quanto apparisse quando cominciò a danzare tra le dita del maestro? E questa Lontano nuova di zecca non si integra perfettamente con tutto quello che è venuto prima? L’avvocato avverte forse l’esigenza di chiosare un po’, di tirare qualche somma. Ma è naturale dopo oltre quaranta anni di carriera, non mi suona come una caduta, anzi. Chi un tempo si rivolgeva dal loggione alla Musica, eleggendola a complice del sogno di un’avventura con una donna irraggiungibile, oggi chiama la stessa vecchia amica a testimone di una riflessione di altro tenore: là voglio arrendermi in braccio alla musica / che chiude il discorso delle affinità

Sarà perché, dopo averlo ascoltato per tanto tempo, a un certo punto l’ammirazione diventa affetto. Ma quest’uomo, senza dire una parola di più oltre a quelle delle sue canzoni (neanche venerdì sera, come quasi sempre: non una parola, in due ore e passa di concerto), è riuscito a creare un immaginario e un linguaggio che hanno dato prova di essere validi e vitali per due generazioni e che, attraversando asperità ed ermetismi del tutto apparenti, hanno invece un’immediatezza tutta loro. A volte difficile da spiegare, ma indiscutibile. E poiché ormai siamo sulla soglia della leggenda, penso che sia una fortuna vederlo inarcarsi sul pianoforte con scatti obliqui che sembrano la perfetta restituzione elastica della sua spinta sui tasti, o vederlo divertirsi come un bambino al vibrafono senza mai perdere misura e classe.

Beati musicisti, che si stanno godendo dall’interno del golfo più mistico che c’è il Paolo Conte di questi anni, fortunati loro che lo stanno accompagnando come ciclisti gregari in fuga in questa corsa verso la leggenda. Ognuno di loro potrebbe fare spettacolo da solo, e magari a questo pensano mentre si divertono e si estenuano. Ma il maestro è nell’anima e non possono negarlo: la loro musica parla per loro. Sì, il Paolo Conte di oggi sarà indimenticabile, forse ancora più di quello delle grandi tournée che l’hanno reso celebre in Europa.

Non m’importa di rischiare toni di eccessiva celebrazione, quest’uomo si merita di più, di più, di più, di più, di più. Anche un pellegrinaggio involontario, sulla strada del ritorno, al casello di Asti. Quando guardi in faccia una leggenda poi può anche capitare di sbagliare strada, ma quella che prenderai non potrà essere una strada qualsiasi.

Milano, teatro Smeraldo, 18 febbraio 2005

4 Comments »

  1. insomma, ti è piaciuto? ;)

    Comment di estrellita — 23 Febbraio 2005 @

  2. secondo me gli è piaciuto, eccome

    Comment di utente anonimo — 28 Febbraio 2005 @

  3. sì, moderatamente… :—-) (conoscete l’emoticon detto anche “a pinocchietto”?)

    Comment di cronachesorprese — 28 Febbraio 2005 @

  4. […] Un referrer di poche ore fa ricorda: “Auguri a Paolo Conte, compie 70 anni”. Avendo già celebrato quelli di Jannacci, non potevo evitare di fare gli auguri anche a lui. L’ho visto suonare l’ultima volta a febbraio dell’anno scorso al Carlo Felice. Due anni fa allo Smeraldo di Milano. E quattro anni fa a Viareggio, d’estate. E spero di vederlo ancora tante volte. Spero anche di vedere presto online versioni attendibili dei testi delle sue canzoni. Da quando, insieme al mio amico Kammamuri abbiamo notato che non esiste su internet una versione corretta del testo di Genova per noi, le cose non sono cambiate. Googlare per credere: il verso corretto “Genova, ai giorni tutti uguali” ricorre una sola volta, in un blog. Risulta ben 84 volte, invece, la versione sbagliata che non riporto per non fare 85. Non mi stupisce che il nostro astigiano non abbia la percezione di questo problema: è uno che suona in smoking, che dice che il novecento sì, è stato bello, ma vuoi mettere l’ottocento? Insomma il Paolo è programmaticamente e deliziosamente demodé. Non starò certo a chiedere a lui come fare a porre rimedio a un equivoco che non è da poco. Ma è grave che quelli della Warner music non siano consapevoli del problema e impongano, a lui e agli altri artisti per i quali fanno siti in serie, l’assenza dal sito ufficiale dei testi per obsolete ragioni di difesa del copyright. Questo arroccarsi irragionevole su posizioni anacronistiche di difesa di proprietà intellettuali di dubbia definizione in realtà danneggia l’artista. Perché tutti ormai usano internet per trovare i testi delle canzoni. Se chi è interessato non ha la possibilità di trovare i testi corretti, il messaggio dell’artista può essere danneggiato. Se non conoscessi bene la canzone in questione e avessi la curiosità di leggere il testo attentamente, a fronte di una schiacciante maggioranza di 84 a 1 dovrei concludere che è la versione più ricorrente quella esatta. […]

    Pingback di Cronachesorprese » 70 anni nei tuoi sandali — 6 Gennaio 2007 @

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