Cronachesorprese

24 Marzo 2011

Sorpresa: Houdini doodle

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Grazie Google :-)

houdini

Houdini comunque non era un semplice illusionista, come dicono molte delle note biografiche sparse sulla rete. Per me Houdini è un profeta della società dello spettacolo. E anche se per Debord l’idea di “spettacolo” ha ben poco di positivo (perché è marxianamente un grado più raffinato di alienazione) io, come alcuni dei figli della società dei consumi, sono attento a tutto ciò che, dall’interno di una società che nasce su presupposti ostili alla felicità individuale, manifesta l’attitudine a rompere questo schema e a considerare invece in pirmo luogo le individualità e le persone. Che vengono sempre fuori, anche dall’esperimento sociale più massificante.

Come ogni profeta, Houdini annuncia e rompe. Annuncia una novità e rompe uno schema. È come se intuisse che un giorno non lontano ci sarà la televisione. Organizza uno spettacolo televisivo senza televisione, raduna un pubblico che è già televisivo. Ma lui stesso è televisione, quindi rompe, profetizzandola, la distanza strutturale che la televisione sarà. Houdini è televisione di carne e di sangue. Televisione che rischia la pelle, pur di riuscire a lludere. Houdini è furbo, usa la tecnica, usa il denaro, usa carisma e intuizione, ma il suo coraggio è autentico e quando “gioca” a illudere mette tutto se stesso, senza risparmiarsi. Io vorrei che i media oggi fossero come Houdini. Vorrrei che non raccontassero mai alla gente di non lludere, vorrei che umilmente dichiarassero gli strumenti, la forma della loro illusione, e che rischiassero di persona illudendo.

Un altro profeta è Saint Exupery che si scaglia contro chi ha reso il volo un fatto solo tecnologico e ha tolto il fattore umano. E da quel dato della sua esperienza di pilota cominciata in un periodo in cui i piloti rischiavano la vita per aprire nuove rotte, Saint Exupery arriva non solo a odiare e combattere la tecnocrazia nazista (che lui chiama “il moloch”) ma a prefigurare la tecnocrazia futura che dopo la guerra dovrà essere combattuta.

Ma il doodle di Saint Exupery l’abbiamo già visto nel 2010. Le celebrazioni di Google spaziano dalla scienza all’arte, con un debole per i grandi anticonformisti in ogni campo. Mi piacciono quasi sempre.

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Il grande Houdini, o dell’antinomia dello spettacolo

9 Dicembre 2004

Il grande Houdini, o dell’antinomia dello spettacolo

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sarà questo il modo?

Ci deve essere un modo, dice Curtis – Houdini nella scena finale del film del 1953 uscendo semisoffocato dalla Chinese Water Torture Cell che aveva costruito per stupire, per trascinare ancora una volta il pubblico in una nuova avvincente illusione.

Houdini sfida la morte pur di stupire. E’ un impulso irresistibile. Il pubblico che invoca il nuovo incanto è per lui una condanna. Se non risponde, sente quasi di non esistere. E’ più forte dell’amore per la moglie e per la vita. Sublime e tremendo: l’applauso del pubblico, che lo chiama a una nuova sfida, è al di là del bene e del male. Non è amore, il pubblico come entità collettiva è incapace di amore, né il mago lo percepisce come tale. Per il pubblico è naturale che lui sfidi la morte, perché Houdini esiste per il pubblico solo in quanto icona che sfida le leggi naturali e le vince con grazia e stile, con il sorriso e l’inchino finali.

Ci deve essere un modo. Houdini è un illusionista ma è quasi indispettito dall’illusione troppo scoperta. Lui cerca il modo: ci sono degli inganni che sono, dice lui, come conigli dal cilindro, trucchi ovvi e stupidi. Artifizi. Lui cerca il modo, ovvero un trucco che sia invenzione senza artifizio, complessità senza macchinazione.

Innanzitutto ci deve essere il brivido. Il brivido è l’idea, è la forza di gravità dei suggerimenti dell’esperienza dalla quale ci libererà la navicella leggera del mago. L’idea di una donna giovane e bella segata in due, l’idea di un uomo imprigionato in una cassaforte a cui l’ossigeno viene a mancare a poco a poco, l’idea di avere addosso una camicia di forza che ad ogni minimo movimento si stringe sempre di più.

Il mago sa che l’esperienza quotidiana è mediamente claustrofobica, e si offre al suo pubblico come il pifferaio magico che stana questa sensazione per debellarla.
Il brivido che prova il pubblico durante le esibizioni non è il timore per la vita di Houdini, è il ripresentarsi, l’oggettivarsi delle personali paure di ognuno sull’icona Houdini. Lo dice lui stesso: "io sono come il torero nell’arena". Lo spettacolo di Houdini è un rito apotropaico moderno.

Poi, dopo il brivido, deve esserci la soluzione attraverso il trucco. Il pubblico deve sapere che il trucco c’è, ma deve essere ammirato non dal trucco in sé, ma dalla capacità del mago di tenerlo nascosto. Il trucco desta stupore perché diventa cosa tra le cose, come un fiore che sboccia: piace e desta meraviglia e nessuno vede o vuole considerare che nel codice genetico della pianta c’è scritto di arrivare a una stupenda fioritura. E’ questo il "modo" che cerca il mago, e che lo spinge ogni volta a superarsi.

27 Febbraio 2012

The artist, Hugo Cabret e la fabbrica dei sogni

Filed under: lo spettatore indigente — alessandro @

Chi li ha visti avrà notato le analogie tematiche tra i due film più premiati agli oscar, The Artist e Hugo Cabret. Due film splendidi, che credo mettano tutti d’accordo.

Non so perché sia avvenuto e non so se sia una coincidenza, ma sembrano quasi due interpretazioni libere sullo stesso tema, come se due autori avessero risposto a un bando che chiedeva di trattare un tema specifico. A grandi linee potrebbe essere: “Alle radici del cinema, la rivoluzione narrativa ed espressiva di una novità tecnologica che ha cambiato per sempre l’immaginazione artistica”. Seriamente, qualcuno più informato di me è in grado di dirmi se è un caso o no? A me sembra davvero degno di nota che nello stesso anno escano due film così.

Che vengano o no da un unico ispiratore o da un’occasione comune, sono due prove di altissimo livello. Trovo giusto il premio a The Artist per l’idea, l’originalità e il coraggio dimostrati: nel 2012 è una gran cosa vincere anche al botteghino con un film muto. Ma l’immersione nel mondo di Hugo Cabret è una di quelle esperienze da cinema che, per una volta, sfrutta al meglio le possibilità del 3D.
Non voglio parlare nel dettaglio degli elementi comuni ai due film perché non potrei evitare di raccontarli, ma sono tanti. In sintesi si potrebbe dire che il cinema, ormai superato e metabolizzato il traguardo dei cent’anni, ha sentito il bisogno di tornare alle radici. Non per un’operazione nostalgia, ma per riappropriarsi di una dimensione originaria del fare cinema che rischia di perdersi. Gaudì diceva che essere originali significa tornare alle origini: questi due film sono originali in questo senso.

A proposito di Hugo Cabret dico solo che da ammiratore di Houdini sono davvero contento di aver scoperto che alle origini del cinema c’è un illusionista come Georges Méliès. A proposito di The Artist dico invece che sono contento di vedere quanto la sola immagine in movimento è in grado di esaltare le doti di un buon regista e quanto è ancora in grado di incantare il pubblico: ci voleva questa boccata di aria pura. Ora però vorrei vedere un film muto ambientato ai giorni nostri. Per me spacca.

9 Dicembre 2009

Un lustro di Cronache

Filed under: cronache — alessandro @

Era una sera un po’ malinconica di dicembre di cinque anni fa quando ho scritto il primo post.
Da allora altri 733 post, 2985 commenti e tante discussioni, alcune davvero importanti per me.

Il mio blog è nato non soltanto per sperimentare una forma di pubblicazione e divulgazione di contenuti su internet, quella che allora era la forma più avanzata ed evoluta, quella di cui parlavano tutti. Cronachesorprese è nato anche per mettere dei punti fermi nei miei pensieri (saggiandoli anche nella discussione e, quando era necessario, aggiustandoli e cambiandoli), confidando nel fatto che anche altri (amici principalmente, ma non solo) avrebbero potuto provare piacere o trovato qualche utilità a considerare non tanto i pensieri in sé, quanto questo processo di consolidamento. Un po’ per amicizia e affetto nei miei confronti; un po’ per altri motivi che non conoscevo. Scoprire questi motivi in lettori ignoti o lontani è stata per me una delle più belle “sorprese” nella conduzione del blog.

Tutti dovrebbero avere un blog: lo pensavo e lo penso tuttora. Anche e soprattutto adesso che la moda dell’avere un blog sta tramontando: quando una moda passa non si butta via tutto quello che la moda ha generato, perché va via il superfluo e rimane l’utile. Tutti potrebbero sentire il bisogno di rappresentare la propria esperienza in rete; tutti dovrebbero trovare un modo, in rete o no, per farlo. Ma la rete è così comoda ed è perfetta proprio per rappresentare la persona; non solo, ma più le persone occuperanno la rete nei prossimi anni, più sarà difficile o almeno lento il processo di globalizzazione, standardizzazione, “televisionalizzazione” dei contenuti in rete.

Se penso ai cinque anni che sono passati ora mi viene naturale associare ogni periodo, ogni conoscenza, ogni esperienza a qualcosa che ho scritto. E spesso andare a rileggere è una sorpresa: il blog tiene fede davvero al suo nome.

Nel tempo ci sono stati dei post in cui ho cercato di spiegare a me stesso e agli altri che cosa volevo dire e fare in queste pagine. Sono almeno questi (ma ce ne saranno altri):
16 marzo 2005
20 maggio 2005
26 novembre 2006
3 maggio 2007
19 settembre 2007
12 febbraio 2008
25 aprile 2009

Ci sono stati dei post che sono veramente contento di aver scritto, post in cui sono riuscito a spiegare meglio il mio pensiero su questioni che mi stanno a cuore:
2 maggio 2005
5 novembre 2006
26 aprile 2007
29 maggio 2007
28 settembre 2007
4 dicembre 2007
11 febbraio 2008
25 febbraio 2008
19 marzo 2008
2 settembre 2008
10 febbraio 2009
28 marzo 2009
8 settembre 2009
9 ottobre 2009
4 novembre 2009

Altri su questioni non “di cuore” ma importanti:
6 novembre 2006
29 gennaio 2007
13 novembre 2007
3 dicembre 2007
20 aprile 2008
2 agosto 2008
12 settembre 2008
4 settembre 2008
2 dicembre 2008
21 dicembre 2008
29 apirle 2009
21 ottobre 2009

Altri su cose da raccontare, e basta:
17 gennaio 2007
8 marzo 2007
26 marzo 2007
15 maggio 2007
19 maggio 2007
23 giugno 2007
10 luglio 2007
13 febbraio 2008
24 marzo 2008
11 giugno 2008
12 giugno 2008
21 giugno 2008
2 luglio 2008
7 settembre 2008
9 ottobre 2008
27 ottobre 2008
5 novembre 2008
5 dicembre 2008
10 dicembre 2008
29 dicembre 2008
5 gennaio 2009
11 gennaio 2009
21 gennaio 2009
15 febbraio 2009
4 marzo 2009
13 aprile 2009
24 maggio 2009
28 giugno 2009
24 agosto 2009
2 settembre 2009
19 ottobre 2009

Ci sono stati dei post che hanno scatenato discussioni e a volte polemiche, e sono forse quelli che mi sono serviti di più:
12 aprile 2006
18 settembre 2006
9 marzo 2007
27 giugno 2007
16 gennaio 2008
12 marzo 2008
13 maggio 2008
9 luglio 2008
14 settembre 2008
27 settembre 2008
2 novembre 2008
8 novembre 2008
27 giugno 2009

Ci sono stati dei post in cui ho parlato di me. Pochi, e in ancora meno ho parlato “direttamente” di me.
9 maggio 2005
18 dicembre 2005
14 luglio 2006
9 febbraio 2007
5 luglio 2008
11 ottobre 2008
12 ottobre 2008
16 ottobre 2008
26 gennaio 2009
14 settembre 2009

Che dire, io continuo. Spero sempre di trovare forme nuove per comunicare in rete, ma sono molto contento di tutto quello che è successo qui in questi primi cinque anni. Ringrazio tutti quelli che , passando di qui, hanno deciso di impiegare un po’ del loro tempo per leggere, per commentare, per discutere, per manifestare il loro dissenso. E ringrazio anche i lurker abituali, che sono tanti… gli unici che non ringrazio sono i troll e gli spammer :-) Ma i primi non hanno trovato molto da mangiare qui; i secondi hanno trovato in Akismet pane per i loro denti.
Chiedo a tutti di non dimenticarsi di questo posto e di tornare a vedere almeno una volta ogni tanto. Dal fondo di tutti i miei limiti posso assicurare che qui c’è uno che è disposto a prendere sempre sul serio ogni domanda, un cervello che pensa, un cuore che batte. E niente, proprio niente di virtuale.

3 Gennaio 2005

Non si scherza, non è un gioco…

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mangiafuocoQuesta foto l’ho scattata la sera di capodanno, e mi sembra un’immagine perfetta di quello che vorrei dal 2005.
Un mangiafuoco è in realtà uno sputafuoco, si sa. Non è neanche un trucco, nel senso in cui Houdini intendeva il trucco. Non mette a tema l’ardimento fine a se stesso, che non significa nulla, ma la necessità esistenziale di cercare un rapporto diretto con una potenza trasformatrice. Per questo chi sputa fuoco può a buon diritto chiamarsi mangiafuoco: perché tratta il fuoco, entra in rapporto con il fuoco e per questo assimila, “mangia” un poco della sua potenza.
C’è un momento in cui siamo costretti ad ammettere che questo rischio bisogna prenderselo. L’oggetto del desiderio brucia, c’è poco da fare. Prepararsi, allenarsi, essere abili, accorti, logici, premurosi, tutto bello, tutto giusto: però il fuoco lo devi affrontare direttamente, studiarlo da lontano può servire fino a un certo punto, ma non bisogna aggirarlo.
Buon appetito a tutti :-)





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