Cronachesorprese

30 Aprile 2019

L’antifascismo non è ereditario

Filed under: cronache,tutto considerato — alessandro @

Ringrazio Michele Silvi per il confronto di questi giorni e per questa segnalazione. E ringrazio chi, in una discussione, ha dato questa definizione di fascismo che mi sembra buona: “La sovversione dello stato a favore di una singola fazione politica mediante l’uso della violenza, spesso vigliacca, ai danni delle controparti”.

La celebrazione dell’omicidio di un ragazzo inerme non è giustificabile in nessun modo, ed è oggettivamente sovversiva, come del resto è stata sovversiva quasi tutta la vicenda dell’estremismo di sinistra negli anni settanta. Questi sono fascisti e basta, neanche “fascisti rossi” come diceva Pannella, sono fascisti tout court. Non basta autodefinire la propria lotta come continuazione del contrasto al fascismo storico: un antifascista deve dimostrare di non fare propri i metodi fascisti, e questi sono metodi fascisti. Sergio Ramelli è stato ucciso come Piero Gobetti e come altri antifascisti della prima ora, per le conseguenze di un’aggressione squadrista, vigliacca, assurda. Dov’è la differenza? C’è forse una differenza sostanziale, al di là dell’immagine, tra il manganello e la chiave inglese? E se è considerata (giustamente) apologia di reato la celebrazione dei gerarchi fascisti, perché la celebrazione di un omicidio odioso nelle motivazioni e nell’esecuzione non dovrebbe esserlo? Davvero c’è ancora qualcuno in Italia che coltiva pensieri indulgenti e giustificazionisti per questo schifo?

Anche questo, come l’adesione al 25 aprile come festa fondativa senza eccezione o obiezione alcuna, dovrebbe essere ovvio e pacifico. Chi vede una contraddizione tra le due cose ha ancora molto da chiarire e da risolvere. Anche tra le mie conoscenze vedo ancora troppi che parlano della violenza del periodo bellico e post-bellico per minacciare gli avversari politici di oggi, usando addirittura immagini macabre come qualcosa che dovrebbe far ridere. Mi ha sempre fatto ribrezzo questo umorismo ammiccante, volto a individuare il “nemico” anche dalle reazioni alle battute. Celebrare la liberazione vuol dire anche rigettare e contrastare l’ambiguità di chi strumentalizza l’antifascismo per pretendere legittimità alla propria violenza e intolleranza politica.

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