Cronachesorprese

25 Novembre 2013

Non sono un cittadino esemplare

Filed under: parole, non fatti — alessandro @

“Sono un cittadino esemplare”. Non importa che sia Berlusconi a dirlo o un altro. Ovvero, non importa il grado di credibilità di chi lo dice. Per me è comunque una sparata abnorme. Rimango sempre interdetto da manifestazioni così clamorose di perfetta autoreferenzialità.

Io non sono un cittadino esemplare. Ma anche se pensassi di poter essere di esempio per qualcuno in qualche virtù civica non lo direi mai di me stesso. Sono quelle cose che devono dire gli altri, se ne sentono il bisogno per qualche motivo. Fosse anche servilismo.

Poi ci sono quelli che le virtù civiche le vedono nella loro parte politica, e solo in quella, perfettamente diffuse e distribuite come pepe sulla ribollita. Quelli sono forse un po’ meno egocentrici, ma non mi piacciono ugualmente.

20 Novembre 2013

Amt al capolinea

Filed under: cronache — alessandro @

Da due giorni a Genova non circola un autobus. I tramvieri hanno montato una protesta che ieri ha messo sotto scacco il Consiglio comunale, impedendogli di ratificare una delibera che dovrebbe andare verso la cosiddetta “privatizzazione” dell’azienda municipale di trasporto, l’Amt. Domani rischiamo il terzo giorno di blocco totale. Come se non bastasse ora è veramente autunno, dopo una prima metà di novembre eccezionalmente mite. Piove e fa freddo. Io amo follemente le lotte dei lavoratori.

Mi lascia perplesso il modo in cui in queste vertenze si continua a parlare di pubblico e privato. Come se fossero paradiso e inferno (intercambiabili, a seconda di chi parla) e come se fossero mondi distinti, liquidi immiscibili. Come se fossimo ancora negli anni ottanta, quando si poteva fare ancora filosofia sull’essere “più pubblici” o “più privati”. La realtà oggi è molto diversa e chi continua a reagire pavlovianamente alle parole “pubblico” e “privato” dimostra di non aver capito che non si tratta più di fare una scelta di campo.

Se Amt rischia di fallire il motivo è semplice: fino al 2009 arrivavano trasferimenti statali sufficienti per coprire i disavanzi di bilancio, ora ne arrivano sempre meno. Per uno o più motivi (la crisi economica, il rigore richiesto dall’Europa, l’evasione fiscale e via di seguito) le risorse disponibili per i servizi sono paurosamente diminuite.

Se la causa è questa, ed è così, il ricorso a capitali privati è sempre meno una scelta e sempre più una necessità. Ma far entrare azionisti privati nelle municipalizzate non dovrebbe significare automaticamente “privatizzare”. Lo sappiamo che i lavoratori che temono per il loro posto di lavoro non sono nello stato d’animo migliore per fare distinzioni troppo sottili. Ma questa non è una distinzione sottile. Molte public utilities in tutta Italia vedono la partecipazione di azionisti privati. Anche a Genova. Non è il sistema perfetto, ma non è neanche l’apocalisse che molti immaginano. Chi dice che l’utile del privato è sempre e comunque incompatibile con l’interesse pubblico non sa o non vuole considerare che buona parte dei servizi pubblici in Italia e in Europa viene oggi erogata con la partecipazione di privati.

Vorrei inoltre che qualche sindacalista mi spiegasse perché dovrei ritenere più rassicurante la “patrimonializzazione” della “privatizzazione”. Perché questa è la richiesta principale dei lavoratori in questi giorni. Amt rischia di andare a bagno per un passivo di 700 milioni che continua ad aumentare: per alcuni la soluzione sarebbe spostare un certo numero di valori immobiliari dal bilancio del Comune al bilancio di Amt per evitare il collasso. Ma se l’azienda è sull’orlo del fallimento il rischio di dover alienare quei beni immobili è alto. E quei beni sono patrimonio di tutti, esattamente come l’azienda che si vorrebbe salvare. Sarebbero più al sicuro se rimanessero nel bilancio del Comune, mi pare. Però quei valori secondo i sindacalisti possono essere sacrificati, mentre l’azienda-idrovora, un colabrodo che da tempo non si regge più in piedi da sola, deve rimanere assolutamente, interamente pubblica. Perché io cittadino dovrei essere solidale con i lavoratori Amt in questa richiesta?

D’altra parte il Sindaco Marco Doria e la sua Giunta guardano ormai al traguardo dell’azienda unica regionale di trasporto che dovrebbe nascere all’inizio del 2015. Si tratta per loro di traccheggiare ancora un po’. E, ha assicurato oggi Doria, nel 2014 non ci sarà alcuna alienazione di quote pubbliche di Amt. Si spera quindi, su una base di risorse da trasferimenti più ampia, che l’azienda regionale riesca a fare le economie di scala che le singole aziende da sole non riescono a fare. Può darsi, me lo auguro. Ma non è che si sta nuovamente rimandando la soluzione di un problema che rischia poi di bussare nuovamente alle porte tra una decina d’anni ingigantito? Perché invece non prendere l’occasione del 2015 per azzerare tutto e provare a creare un modello nuovo che preveda una collaborazione tra pubblico e privato senza svendere, senza alienare nulla, trovando un punto di equilibrio tra esigenze del servizio pubblico e apporto di un valore aggiunto che solo l’iniziativa imprenditoriale può portare?

Il modello della “fornitura” e dell’appalto forse non è il migliore per portare a volume le potenzialità dell’interazione pubblico – privato. Come si pensa che in futuro un’azienda come Amt possa investire nel miglioramento tecnologico ad esempio, o nel rinnovamento del parco mezzi? Se l’obiettivo è solo rimanere pubblici, magari limando qua e là qualche spreco, la massima aspirazione sarà la sopravvivenza. Nessuno pensa che un’azienda pubblica debba fare grandi utili. Ma c’è una differenza tra la vita dignitosa e la sopravvivenza. E molti la stanno dimenticando.

19 Novembre 2013

L’eredità del congiuntivo

Filed under: chiedici le parole — alessandro @

Due minuti surreali nella puntata di sabato scorso de “L’eredità”, il giochino in preserata su Raiuno. Uno di quei programmi che ormai fanno venire la nausea a qualsiasi under 80 che possa ancora chiamarsi sano e psicofisicamente stabile.

Una bella concorrente, già miss Sardegna e finalista a Miss Italia qualche anno fa, si cimenta in una prova sui congiuntivi. Sarebbero venti in tutto quelli da indovinare, il presentatore riesce a proporne solo sei a causa dei ripetuti errori. Va bene, è andata nel pallone. Ma non si spiega solo così. L’impressione è che non abbia la minima idea di come si forma un congiuntivo. Anzi sembra che tenti di formare un passato remoto.

eredità

(Se non funziona il puntamento al minutaggio preciso: da 11:13 per due minuti circa).

Non voglio infierire. La ragazza non sembra neanche antipatica o presuntuosa. Voglio solo dire che sono preoccupato per il caro congiuntivo. Io gli voglio bene. Come a un amico. Un amico che ne sa, non un secchione. Si dà probabilmente il caso che molti insegnanti sbaglino a presentarlo come un alfiere della bella lingua e del parlare forbito. Non si meriterebbe di passare per un rampollo sfigato di una nobile famiglia decaduta: sono convinto che sia ben altro.

Tra i dieci e i quindici anni è uno stimolo concreto al ragionamento autonomo, è un invito a scoprire la complessità del pensiero e il rischio della soggettività, la responsabilità dell’io, dell’interpretazione. Un po’ devi picchiarti con lui anche quando hai le migliori intenzioni, anche quando non pensi (mentre sudi sul libro di grammatica) di eliminarlo quanto prima dalle tue conversazioni e dalla tua vita. Però è una lotta da cui si esce un po’ più uomini, un po’ più consapevoli.

Il congiuntivo non è un obbligo, è un’opportunità. Posso dire molto (non tutto) facendo a meno di lui; ma che io dica qualcosa scegliendo di prenderlo a braccetto, di portarlo correttamente con fierezza nella mia conversazione aiuta a essere uomini migliori. Il congiuntivo non è sufficiente a essere buoni e valorosi; ma se sei buono e valoroso non penso che tu possa snobbarlo.

Dai, mia cara miss bella e simpatica, non offenderti. Hai tutto il tempo e le carte per adornare la tua bellezza con la classe, l’eleganza, la signorilità, ma soprattutto con l’intelligenza, la fedeltà e il valore di un buon congiuntivo. E diciamolo, anche lui ti merita, non è il primo che passa e ti fischia qualche volgarità per strada. Cercherà di conquistarti dando il meglio di sé e porterà in dote un’eredità che è ben più importante di un gioco televisivo. Ti sarà compagno devoto e fedele, non svicolerà con qualche condizionale. Che possiate vivere insieme felici per sempre.

13 Novembre 2013

La esposa ya casada

Filed under: Il postulante de-genere — alessandro @

Pare che in Spagna molti ritengano intollerabili i libri di Costanza Miriano, e che i parlamentari di forze diverse, al pari di organizzazioni femministe, si stiano dando da fare per proibire il suo libro, Sposati e sii sottomessa. Il libro in Spagna è uscito da poco, in Italia da due anni.

Non l’ho (ancora) letto ma ho seguito il dibattito che ha generato. Qualche punta polemica, ma niente di grave. In Spagna invece l’hanno preso subito storto. Un po’ perché l’editore è già mal visto dalla grande stampa liberal, un po’ perché tutti stanno seguendo la linea di alcune prime reazioni infondate che presentano il libro come uno sdoganamento della violenza sulle donne. Come avviene spesso in questi casi, i giornalisti si sono accodati alla prima interpretazione e, nonostante molti abbiano chiamato direttamente la Miriano per verificare, quasi nessuno (viene segnalata dall’autrice una sola eccezione, ma ce n’è anche un’altra) ha dato il giusto spazio alle sue spiegazioni. Perché spiegare significa smontare la polemica, e la polemica è funzionale a qualcosa.

Non so se il problema sia in Spagna. Temo che il clima, negli ultimi due anni, sia cambiato un po’ in tutta Europa e anche in Italia. Se il libro uscisse oggi farebbe molto più clamore anche qui. Ad ogni modo, lo confesso, anch’io trovo intollerabile una cosa in Costanza Miriano: che sia già sposata :-)

Aggiornamento del 15 novembre

Da leggere la nota di difesa del libro (e di autodifesa per quanto riguarda le accuse alla sua casa editrice) dell’Arcivescovo di Granada. Pastori che parlano con questa franca essenzialità sono, purtroppo, sempre più rari.

Aggiornamento del 25 novembre

Il ministro della sanità, Ana Mato, torna a chiedere di sospendere la pubblicazione del libro. Lo fa in occasione della Giornata contro la violenza sulle donne, cosa che rende ancora più demagogica e odiosa la richiesta. Si vuole mettere per forza al libro la targhetta dell’istigazione alla violenza di genere. Non un passo indietro davanti a questi ipocriti, Costanza.


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