Cronachesorprese

23 Maggio 2013

Don Gallo e la Provvidenza

Filed under: cronache — alessandro @

Il rispetto per l’uomo e per il sacerdote è dovuto. La gratitudine per le buone opere che ha creato e sostenuto per tutta la vita anche. Le perplessità sulle sue prese di posizione e sul suo presenzialismo, che non ho mai nascosto (uno, due, tre…), rimangono tutte intere, ma in questo momento naturalmente passano in secondo piano. Prendo atto del lutto vero che c’è in città, anche una volta sfrondato dalle montagne di retorica sugli “ultimi”, sui “preti di strada” (come se fossero delle eccezioni: un prete normalmente è sempre “di strada”, a parte quelli che hanno incarichi che li dispensano in tutto o in parte dalla cura pastorale diretta) che oggi riempiono le cronache cittadine e la rete. Quell’uomo ha saputo incontrare, non ci sono dubbi. Si dice che sapesse ascoltare. Io dico che molti che normalmente non vogliono farsi ascoltare dagli uomini di Chiesa si facevano ascoltare da lui. Il problema è noto e penso che il metodo di Don Gallo non fosse “la” soluzione. Ma era sicuramente “una” soluzione.

Insomma la Comunità di San Benedetto ha fatto del bene e continuerà a farne. Il conflitto a volte manifesto, a volte latente del suo fondatore con le gerarchie ecclesiastiche non ha impedito che ciò avvenisse con apprezzabile continuità e con buoni risultati. Merito di Don Gallo ma merito anche dei suoi vescovi, perché il dialogo si fa sempre in due.

Don Gallo credeva nella Provvidenza. Nulla chiedere, nulla rifiutare: anche se non demonizzerei il “chiedere” (anzi) è una massima che è compatibile con l’impegno di un’assistenza ai poveri e agli emarginati che si affida alla Provvidenza.
Ma pensando proprio a quella Provvidenza che Don Gallo invocava mi viene una curiosità, una domanda. Quante vocazioni religiose ha generato la Comunità di San Benedetto? Lo chiedo perché non lo so. Può darsi che ce ne siano state, in quarant’anni mi sembrerebbe strano il contrario.

Sì, sarebbe davvero strano. Non le prese di posizione “scandalose” (che sono tali solo per chi non è sicuro della propria fede), non l’accorrere a sostenere qualsiasi istanza progressista contro la Chiesa, come seguendo un affanno che chi ama la Chiesa fa molta fatica ad accettare e a spiegarsi. No, la cosa davvero clamorosa sarebbe una Provvidenza che agisce in un’opera cristiana per quarant’anni e non porta vocazioni religiose. E parlo proprio di vocazioni, non soltanto di conversioni. Strana esperienza cristiana quella che porta solo il pane e non chi possa continuare a spezzarlo non solo materialmente, ma anche sacramentalmente. Se davvero così fosse (ma ripeto, non lo so) non potrebbe bastare per spiegarla la specie dell’impegno umanitario?

Caro fratello che ora vedi e conosci, prego per te questa preghiera: che alla domanda che ho formulato qui sopra, con rispetto e senza malizia, risponda Cristo nel futuro prossimo della tua Comunità donandole una fecondità nuova e fino a questo momento non immaginata dai tanti sinceri amici e sostenitori che sono sicuramente uomini e donne di buona volontà. Riposa in pace, Don Andrea.

3 Comments »

  1. Ma veramente io non ci credo più. Che faccia così tanto bene, la comunità di S.Benedetto al Porto, è una cosa che è stata così tanto a lungo ripetuta da tutti senza discuterla, che non la credo.

    Se di eroina non si muore più, e la droga è universalmente accettata e normalizzata, la tua domanda sulle vocazioni mi pare parecchio ingenua, come uno che vuole ostinatamente provare a credere alla finzione, a crederci ottimisticamente fino a prova contraria. Magari anche solo come espediente retorico-giornalistico, innocentista per chiedere conto di. L’effetto comunque è quello di una accettazione soporifera, invece di una critica che faccia mettere tutto in discussione.

    Forse sai cose che non so. Dall’esterno, senza conoscerla, mi sembra che in questi tempi, un prete che qualcuno ha detto, forse malignamente, che facesse uso di droghe, e che ha dato più volte ad intendere che non credeva nel valore del celibato… e che comunque sosteneva ideologicamente il sesso libero e la droga libera… direi che può aver realisticamente creato una isoletta sovvenzionata dalla buona volontà di tanti, in cui continuare tranquillamente a vivere assieme a persone in crisi con la vita, ma come pareva loro, non uscendo dalla crisi; magari frenando gil eccessi di qualcuno, ma sempre senza proporre un cammino di recupero. Negando il male.
    Una comunità di tossicodipendenti. Una comunità di chi ha deciso che è bene non essere recuperati, perchè non c’è un meglio verso cui tendere. Fino a prova contraria, questo era.
    Poi tra le tante strade personali, molti lì avranno trovato un posto accogliente, e una salvezza dagli eccessi.

    Se salvi direttamente 100 persone, mettiamo che in realtà 10 si sarebbero salvate lo stesso, e 30 si sarebbero perdute del tutto. Gli altri sarebbero rimasti più o meno come prima. Allora uno può dire: ok, non saranno tutti e 100, ma l’effetto, il bilancio, è positivo. Ma se salvare è un ripiego, che ti mantiene al margine, vicino al baratro, per mancanza di coraggio, per orrore dell’idea di conversione, di ammettere il peccato?
    E anche ignorando questo, che è il punto fondamentale. Ne salvi 100 che poi sono 30. Ma quanto si estende l’influenza di quello che fai?
    Se nel frattempo migliaia di persone prendono l’esempio di una strada sbagliata, di una soluzione falsa?
    Ne “salvi” 100 e ne perdi magari 5000? Vale la pena?
    Da qualche parte Sultan Knish ha scritto che il busillis con la sinistra è sempre sullo scegliere dove guardare; cosa deve contare e cosa si ignora. Se vedi solo la categoria dei beneficiari scelti, e non vuoi accorgerti degli effetti su altri…

    E’ tempo di dare più peso all’amore di verità, anche mancando di “rispetto”.

    Comment di AlphaT — 24 Maggio 2013 @

  2. Sì, questa è una delle mie tante domande da “ingenuo per scelta” alle quali non voglio rinunciare. Grazie per il tuo commento. Ora sono in treno e sto scrivendo dallo smartphone. Non so se nei prossimi giorni riuscirò, ma appena posso rispondo nel dettaglio perché mi hai fornito spunti molto interessanti. Ciao :-)

    Comment di alessandro — 24 Maggio 2013 @

  3. la mia domanda è fatta nello spirito di una delle prime dichiarazioni di papa francesco che hanno fatto discutere, e che riporto integralmente perché andrebbe mandata a memoria da chiunque voglia parlare di chiesa, cattolico o non cattolico:

    “Noi possiamo camminare quanto vogliamo, noi possiamo edificare tante cose, ma se non confessiamo Gesù Cristo, la cosa non va. Diventeremo una ONG assistenziale, ma non la Chiesa, Sposa del Signore. Quando non si cammina, ci si ferma. Quando non si edifica sulle pietre cosa succede? Succede quello che succede ai bambini sulla spiaggia quando fanno dei palazzi di sabbia, tutto viene giù, è senza consistenza”.

    non mi interessa dunque discutere sull’efficacia di certe azioni della comunità di san benedetto. a volte saranno state efficaci, altre no. è innegabile che fossero una porta aperta verso mondi che di porte in faccia ne ricevono tante. porte aperte per poi chiudersi a protezione di un mondo dorato in cui tutto va bene, tutto è bello e giusto? non lo so, non ne sono sicuro. ciò di cui sono sicuro è che don andrea è sempre stato prete. non ha mai voluto andarsene dalla chiesa ma non è mai stato neanche sospeso. solo allontanato da un incarico una volta, e oggi si può dire, senza riaprire di nuovo il caso, che è stato un provvedimento ingiusto.

    ma per quella ingiustizia patita una volta ha poi goduto di una certa indulgenza da parte dei suoi vescovi, da siri in poi, che andrebbe ben soppesata. quando è stato allontanato dal carmine non aveva fatto nulla di male. ma quando poi non è stato sospeso per fatti molto gravi la gerarchia è stata a dir poco generosa con lui. da cosa era motivata questa generosità? dalla paura della fetta di opinione pubblica favorevole a don gallo? non credo, e soprattutto spero di no. tralasciando ipotesi dietrologiche e fantasiose che pure alcuni presentano come fatti indiscutibili, i vescovi hanno preso atto del carisma e della capacità di mobilitazione di un prete che, pur con tante riserve, voleva continuare a fare il prete. hanno giudicato che la sua era esperienza di chiesa e che occorreva affidarla allo Spirito più che sanzionarla. se non altro per capire dove potesse andare. ed è per questo che oggi, se devo pensare a un futuro per la comunità di san benedetto, penso all’aspetto vocazionale. perché se non avrà quel futuro sarà una cosa diversa e forse la chiesa si scrollerà di dosso un problema, ma forse perderà anche un’opportunità. affidiamola allo Spirito allora, come hanno fatto i vescovi con il “loro” prete.

    la frase che ho sentito ripetere più volte su don gallo è la seguente: “eh, se tutti i preti fossero come lui…”. non l’ho mai condivisa, e so bene che chi la pronunciava non amava la chiesa. ma se si è creata questa polarizzazione non è soltanto per l’indubbio presenzialismo di don gallo. è anche perché troppo spesso si gioca più a escludere che a includere. la chiarezza è più importante dell’inclusione, siamo d’accordo. ma la missione non è un optional, e se c’è tanta prateria disponibile per le romantiche cavalcate dongallesche è anche perché altri hanno rinunciato a presidiarla, a colonizzarla e coltivarla.

    sono volutamente generico. critiche e obiezioni sono, come sempre, ben accette, ma non ho voglia di specificare ed esemplificare. credo che si capisca già abbastanza :-)

    Comment di alessandro — 6 Giugno 2013 @

RSS feed for comments on this post. TrackBack URI

Leave a comment


Powered by WordPress. Theme by H P Nadig