Cronachesorprese

27 Febbraio 2012

The artist, Hugo Cabret e la fabbrica dei sogni

Filed under: lo spettatore indigente — alessandro @

Chi li ha visti avrà notato le analogie tematiche tra i due film più premiati agli oscar, The Artist e Hugo Cabret. Due film splendidi, che credo mettano tutti d’accordo.

Non so perché sia avvenuto e non so se sia una coincidenza, ma sembrano quasi due interpretazioni libere sullo stesso tema, come se due autori avessero risposto a un bando che chiedeva di trattare un tema specifico. A grandi linee potrebbe essere: “Alle radici del cinema, la rivoluzione narrativa ed espressiva di una novità tecnologica che ha cambiato per sempre l’immaginazione artistica”. Seriamente, qualcuno più informato di me è in grado di dirmi se è un caso o no? A me sembra davvero degno di nota che nello stesso anno escano due film così.

Che vengano o no da un unico ispiratore o da un’occasione comune, sono due prove di altissimo livello. Trovo giusto il premio a The Artist per l’idea, l’originalità e il coraggio dimostrati: nel 2012 è una gran cosa vincere anche al botteghino con un film muto. Ma l’immersione nel mondo di Hugo Cabret è una di quelle esperienze da cinema che, per una volta, sfrutta al meglio le possibilità del 3D.
Non voglio parlare nel dettaglio degli elementi comuni ai due film perché non potrei evitare di raccontarli, ma sono tanti. In sintesi si potrebbe dire che il cinema, ormai superato e metabolizzato il traguardo dei cent’anni, ha sentito il bisogno di tornare alle radici. Non per un’operazione nostalgia, ma per riappropriarsi di una dimensione originaria del fare cinema che rischia di perdersi. Gaudì diceva che essere originali significa tornare alle origini: questi due film sono originali in questo senso.

A proposito di Hugo Cabret dico solo che da ammiratore di Houdini sono davvero contento di aver scoperto che alle origini del cinema c’è un illusionista come Georges Méliès. A proposito di The Artist dico invece che sono contento di vedere quanto la sola immagine in movimento è in grado di esaltare le doti di un buon regista e quanto è ancora in grado di incantare il pubblico: ci voleva questa boccata di aria pura. Ora però vorrei vedere un film muto ambientato ai giorni nostri. Per me spacca.

7 Comments »

  1. Non ho visto Hugo Cabret e non saprei ovviamente individuare le analogie fra i due film. L’altra sera facevo un ragionamento molto simile considerando che la grande novita’ sulla scena del musical londinese e’ “Singin’ in the rain”.
    Di “Singin’ in the rain” si e’ molto detto e molto scritto in seguito al successo di “The Artist”: il motore narrativo e’ infatti lo stesso (l’avvento del cinema sonoro) e lo sviluppo non dissimile (le conseguenze – la’ comiche, qua drammatiche – che ricadono sui protagonisti, in entrambi casi divi del muto).
    Pensavo pero’ che non era ovviamente possibile che l’allestimento fosse stato deciso per sfruttare l’onda lunga di The Artist: produzioni del genere non si materializzano dalla sera alla mattina e non si va in scena in un teatro di Soho con due mesi di preavviso.
    A quel punto mi e’ venuta in mente la mia recente riscoperta dello swing, avvenuta piu’ o meno un anno fa e che mi ha abbastanza influenzato nei mesi successivi: la folgorazione l’ebbi finendo per caso ad una festa a tema ad Amburgo dove la gente, agghindata come al Savoy di New York nel ‘26, ballava sulle note di una big band schierata sul palco.
    Questo mi porta a dire che il ravvicinamento alla roboante eta’ delle avanguardie e’ una moda (una BELLA moda, direbbe il geometra Calboni): una moda che, ad esempio, su di me ha attecchito con naturalezza e facilita’, visto che i suoi canoni estetici portanti incontrano appieno il mio gusto.
    E puo’ darsi che ne sia similmente rimasta colpita anche la sensibilita’ dello sceneggiatore e del regista di “The artist”, mentre i produttori del musical abbiano intuito che si trattava di un momento favorevole per rilanciarlo sulle scene.
    A ben vedere anche un altro successo della stagione cinematografica, il da te gia’ recensito “Midnight in Paris”, si inserisce in maniera anche piu’ esplicita in questa tendenza.
    Che cosa ha contribuito a lanciarla? Non ne ho idea. Puo’ darsi che, allargando la tua ipotesi di un cinema alla ricerca delle sue radici, la societa’ occidentale, ormai alla canna del gas, volga lo sguardo al suo periodo culturalmente piu’ dinamico.
    Di certo sarei piu’ a mio agio in un mondo in cui i panciotti sostituissero le tute acetate, l’autore piu’ venduto fosse F.S. Fitzgerald e non Isabella Santacroce e l’elettroswing risuonasse al posto della house :-)

    Comment di El Mariachi — 28 Febbraio 2012 @

  2. concordo con il calboni, è una BELLA moda! :-)
    io non so se sarei più a mio agio nel mondo dei panciotti (e qui, come dici giustamente, si torna alla discussione su midnight in paris) però non ho dubbi che il cinema ha bisogno di semplicità. semplicità narrativa e costruttiva. prendi la scena di the artist in cui i due protagonisti fanno ripetuti ciak della scena del ballo. è una scena magistrale, che mentre racconta una storia racconta anche il cinema, racconta come si fa il cinema, come si crea quella magia. fa vedere l’importanza dell’inquadratura, della ripresa, della regia. tornare all’essenzialità dei fondamentali, soggetto, storyboard, montaggio. non che non si usino più, ma quello che forse si sta perdendo è che possono *bastare* per fare un film interessante, per godere di una buona storia al cinema. non dico di fermarsi a questo, ma di tornarci spesso. trovo significativo che abbia vinto tutti gli oscar “tecnici” un film come quello di scorsese che non ha certo lesinato con gli effetti speciali, ma li ha usati per rendere omaggio a gente che faceva i primi montaggi con forbici e colla e colorava a mano i fotogrammi uno per uno ricreando atmosfere magiche da baraccone, non certo un doppio virtuale perfetto della realtà.
    peccato che non ho più la mia “basista” a londra… vabbé, prima o poi capito per singin’ in the rain :-)

    Comment di alessandro — 28 Febbraio 2012 @

  3. Se vai a vedere Singin’ in the rain, non andare nelle prime file (non senza impermeabile, almeno) :-)

    Condividiamo un dramma: la perdita della mia basista a Londra rappresenta un evento che non esito a definire luttuoso :-(

    Comment di El Mariachi — 29 Febbraio 2012 @

  4. Giù il cappello davanti alle vostre recensioni che ho appena letto, complimenti.

    Comment di frank — 29 Febbraio 2012 @

  5. el mariachi: anche la tua? non ci sono più le basiste di una volta! :-D
    frank: troppo buono, egregio :-)

    Comment di alessandro — 29 Febbraio 2012 @

  6. Al Corriere leggono il blog…E si copia alla GRANDISSIMA!

    http://lettura.corriere.it/voglia-di-anni-venti/

    Comment di El Mariachi — 2 Marzo 2012 @

  7. LOL

    Comment di alessandro — 2 Marzo 2012 @

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