Cronachesorprese

4 Novembre 2011

Genova, l’acqua e il coprifuoco

Filed under: cronache — alessandro @

Uscendo dal lavoro, dopo la caterva d’acqua vista quasi soltanto attraverso i siti internet, il coprifuoco. Non il solito andirivieni del venerdì sera, soprattutto verso ponente. Ma il buio, il silenzio. La paura che si respira. La paura sta vincendo. Meglio così, forse: meglio un pizzico di paura in più che l’ignoranza del rischio che ha portato oggi sei concittadini a una fine inopinata e senza scampo.

Improvvisamente, guardando le immagini dell’ennesimo disastro annunciato, mi è apparsa tutta l’assurdità di quei quartieri dalla Foce alla val Bisagno, di quel modo di costruire, di quel vincolo, di quel peso enorme sul suolo, di quei fiumi costretti in sarcofaghi di cemento e sorvegliati dai palazzoni che incombono come torrette su campi di concentramento.
L’ho considerata spesso, in più di vent’anni di vita genovese, quell’assurdità. Ma l’avevo sempre considerata razionalmente, non l’avevo mai sintetizzata in un’immagine. Sarà per le due sberle di questi ultimi dieci giorni che hanno colpito due tra i luoghi che mi sono più cari e familiari al mondo, ma stasera per la prima volta ho pensato che forse non è così impossibile, dispendioso e assurdo cominciare, lentamente, a tornare indietro.

Mettersi a levare cemento. Un pezzo alla volta, senza fretta se non nei punti dove contrasta più evidentemente la forza, la vitalità dei fiumi che proprio non ne vogliono sapere di mollare i loro corsi. Se ne ricordano, in qualche modo. Ecco la vera memoria dell’acqua, non quella baggianata di cui parlano gli omeopati integralisti. I fiumi non cedono un centimetro. Basta guardare l’impeto gioioso, per così dire, con cui il Fereggiano oggi ha rivissuto gli antichi fasti: una forza viva, intatta, per nulla intimidita da quasi un secolo di prigionia. Così, in quella forma l’hanno visto i più antichi abitanti di quella valle, e i romani. Così, per una tragica ora, l’abbiamo rivisto anche noi. Attenzione, non è un fantasma. Fantasmi saranno casomai tutti quelli che hanno pensato davvero di massacrare impunemente le colline genovesi. Sì, piccolo particolare: loro ora sono fantasmi, noi paghiamo i loro conti. Ma non è proprio scritto da nessuna parte che i nostri figli debbano continuare a farlo.

Torniamo indietro, dai. Un pezzettino di cemento alla volta. Ridiamo ai fiumi quello che è dei fiumi.

8 Comments »

  1. Già…
    se il tuo appello venisse accolto, e magari accompagnato da una seria, sistematica, puntuale pulizia e sgombero dei letti dei corsi d’acqua cittadini e dei tombini, potrei scommettere che questa sarebbe l’ultima alluvione di Genova…
    Ok, ora possiamo anche svegliarci, caro Ale…

    Comment di maria pia fontana — 4 Novembre 2011 @

  2. hai reso molto bene il tutto….!!!

    Comment di cilvia — 4 Novembre 2011 @

  3. mah, pia, non è un sogno. credo che sia l’unica cosa da fare. se non si fa vuol dire che si ritiene accettabile che ogni tanto succedano tragedie come quella di ieri. un prezzo che si paga a… a cosa? tu lo sai? io no.

    Comment di alessandro — 5 Novembre 2011 @

  4. Il prezzo si paga al profitto, mi pare chiaro. Nella logica del capitale che privatizza i profitti e socializza le perdite. Esattamente come la crisi del debito. Sarà ideologico, fuori moda, superato e vetero-comunista, però mi pare una analisi difficilmente smentibile al momento.

    Comment di GioCar — 7 Novembre 2011 @

  5. più che fuori moda è ormai inattuale rispetto alla situazione specifica: perché chi doveva lucrare su quel modo sconsiderato di costruire in quella zona ha già lucrato e forse è anche passato a miglior vita. o a peggior vita, volendo applicare criteri veterodanteschi sul contrappasso :-)
    quindi direi che il prezzo che andava a vantaggio di qualcuno l’abbiamo già pagato, e gli interessi che stiamo pagando sono solo per una inerzia di brutta china.

    Comment di alessandro — 7 Novembre 2011 @

  6. Quel che dici sarebbe vero se, da quando furono fatti certi orrori edilizi e di sviluppo urbano, le cose fossero cambiate e la logica che governa fosse diversa. Ma così non mi pare che sia. Indi chi muore ora paga le perdite socializzate di chi profittò venti o trenta anni fa. I nostri figli e nipoti socializzeranno sulla loro pelle perdite relative ai profitti che qualcuno sta facendo proprio ora, proprio qui. A meno che non si cambi davvero strada.

    Comment di GioCar — 7 Novembre 2011 @

  7. Bisogna tornare a rispettare la natura. Prpprio come scrivi tu!

    Comment di Clio — 7 Novembre 2011 @

  8. sì, sto auspicando un cambiamento di strada.

    Comment di alessandro — 7 Novembre 2011 @

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