Era nell’aria già ieri. Oggi al Festival del Giornalismo è scoppiato il conflitto (o almeno il confronto a distanza) tra il giornale di carta e il giornale sul web, e non solo: tra il giornalista e il blogger, tra il giornalista sotto contratto e il giovane studente che si vede già precario e pensa a cosa fare.
Ha aperto il fuoco Sergio Romano nella sua lectio magistralis al Teatro del Pavone: “I blog non sono la risposta alla domanda di maggiore informazione e di giornalismo migliore”. E grazie. Intanto i blogger sono un esercito. Prenderli in massa come fenomeno giornalistico o anche soltanto di informazione è una forzatura evidente a chiunque. Mi stupisco di come un giornalista (e non solo) di grande esperienza, editorialista di punta del Corriere della Sera ed erede della rubrica di Montanelli di conversazione con i lettori non consideri innanzitutto il blogger dal suo punto di vista: un lettore! Un lettore critico. Un lettore che organizza la sua esperienza di lettura. Niente da fare, questi grandi vecchi li identificano subito come concorrenti, come coloro che tolgono ai sacerdoti il privilegio, la prerogativa sacra della pubblicazione: “I blog stanno diventando il luogo della chiacchiera, dello scandalo, del qualunquismo rancoroso”. Che dire…
La risposta all’attacco (e non è facile scrollarsi di dosso l’impressione che sia una risposta diretta proprio a lui, al Sergio) arriva da Tommaso Tessarolo, direttore di Current Tv in Italia, che nell’incontro dal titolo “Un altro giornalismo è possibile” dopo aver parlato insieme ad altri di giornalismo free lance e di varie alternative praticabili al giornalismo tradizionale, se ne esce con un invito accorato: “Comunque sia, qualsiasi possibilità stia valutando chi vuole fare il giornalista si deve confrontare con lo strumento blog. Non puà farne a meno. È uno strumento necessario oggi per mettersi alla prova e per farsi conoscere”. Al tavolo di quel seminario insieme a lui giornalisti sulla trentina, entusiasti e già affermati. Daniela Berretta, oggi free lance ma con una esperienza pluriennale da giovane laureata alla CNN. Gabriele Immirzi, direttore di Wilder. Stefano Valentino, dinamico ideatore e animatore di Freereporter.info, un progetto che ha tutte le carte in regola per dare finalmente una bussola a chi ha le idee e le capacità per resistere e poi prosperare nel duro mondo dei free lance.
Altri frammenti di oggi.
Milorad Ivanovic, vicedirettore di Blic: “Due anni fa la Serbia ha fatto un accordo con la CNN per mostrare il volto buono della Serbia. La prima clip realizzata era illustrata con immagini della Romania. Dopo le proteste la seconda clip aveva immagini, musiche e anche il nome del Kazakhstan. È così che arrivano i giornalisti stranieri nei balcani: senza avere la minima idea di dove sono”.
sergio Vento, docente di relazioni internazionali alla Luiss: “Detto Jugoslavo degli anni novanta: il muro di Berlino è caduto sulla testa degli jugoslavi”.
Sergio Romano: “Google fa da padrone nella raccolta pubblicitaria ovunque. In ogni paese raccoglie tanta pubblicità quanto la somma di tutti i giornali nazionali”.
Daniela Beretta: Nella redazione esteri della CNN a 25 anni, un sogno, un lavoro bellissimo ma claustrofobico. Vedere arrivare le breaking news da tutto il mondo e non poter andare da nessuna parte è una tortura. Per questo ho deciso di andare a Londra a rigiocarmi tutto come free lance”.
Stefano Valentino: “Qui parliamo di user generated content ma economicamente come modello ancora non regge. In Inghilterra si parla anche di user choose and funded content: le redazioni propongono attraverso il sito una scaletta di argomenti, i lettori fanno offerte, una vera e propria asta. Gli argomenti che arrivano a mille euro vengono assegnati ai giornalisti”.
Tommaso Tessarolo: “Come modello economico nel settore dell’informazione oggi funzionano le formule miste. Ci vorranno ancora almeno 15 anni prima che possa stare in piedi un progetto solo internet”.
Ezio Mauro: “La riflessione che nasce dall’informazione organizzata dei giornali è opinione pubblica, il resto è senso comune”. (brrrr….) “Fare il king maker del nuovo leader del Partito Democratico sarebbe per me un’ambizione modestissima. Il partito di Repubblica? No, è molto di meno e infinitamente di più”.
Javier Moreno, direttore di El Pais: “Oggi il 25% degli spagnoli crede ancora che gli attentati dell’11 marzo siano almeno in parte di responsabilità dell’Eta”.