E con questa lettera Ratzie surclassa tutti i discorsi evanescenti e da veri tromboni su un presunto conservatorismo suo e della Chiesa di cui è a capo.
Li surclassa nella sostanza, ma per quella non c’era davvero bisogno di un suo chiarimento, dato che le cose non erano chiare soltanto ai soliti sordi che non vogliono sentire:
Una disavventura per me imprevedibile è stata il fatto che il caso Williamson si è sovrapposto alla remissione della scomunica. Il gesto discreto di misericordia verso quattro Vescovi, ordinati validamente ma non legittimamente, è apparso all’improvviso come una cosa totalmente diversa: come la smentita della riconciliazione tra cristiani ed ebrei…
Li surclassa nello stile di comunicazione, perché questa è una conversazione vera che interviene in un contesto di conversazione mediatica, senza mezzucci curiali, senza paludamenti ufficiali, senza allusioni indirette.
Mi è stato detto che seguire con attenzione le notizie raggiungibili mediante l’internet avrebbe dato la possibilità di venir tempestivamente a conoscenza del problema. Ne traggo la lezione che in futuro nella Santa Sede dovremo prestar più attenzione a quella fonte di notizie. Sono rimasto rattristato dal fatto che anche cattolici, che in fondo avrebbero potuto sapere meglio come stanno le cose, abbiano pensato di dovermi colpire con un’ostilità pronta all’attacco. Proprio per questo ringrazio tanto più gli amici ebrei che hanno aiutato a togliere di mezzo prontamente il malinteso e a ristabilire l’atmosfera di amicizia e di fiducia, che – come nel tempo di Papa Giovanni Paolo II – anche durante tutto il periodo del mio pontificato è esistita e, grazie a Dio, continua ad esistere.
Li surclassa nella capacità di dialogo e nella voglia di comprendere le ragioni degli altri: è un documento incompatibile con l’immagine di una gerarchia arroccata sulle sue posizioni, in difesa e a guardia di un passato e di una tradizione autoreferenziale indifendibile.
Non dovremmo come buoni educatori essere capaci anche di non badare a diverse cose non buone e premurarci di condurre fuori dalle strettezze? E non dobbiamo forse ammettere che anche nell’ambiente ecclesiale è emersa qualche stonatura? A volte si ha l’impressione che la nostra società abbia bisogno di un gruppo almeno, al quale non riservare alcuna tolleranza; contro il quale poter tranquillamente scagliarsi con odio. E se qualcuno osa avvicinarglisi – in questo caso il Papa – perde anche lui il diritto alla tolleranza e può pure lui essere trattato con odio senza timore e riserbo.
Joseph Ratzinger parla e spiega meglio di tanti giornalisti e comunicatori. Ce n’eravamo accorti già ai tempi della strumentale polemica di Ratisbona (che chi ha poca memoria e ancora meno obiettività ha già storicizzato come figuraccia del Pontefice, mentre è stata una grande prova di chiarezza e forza). Abbiamo avuto modo di confermare l’impressione in altre occasioni, ultima delle quali quella che si dovrebbe chiudere oggi, il caso Willamson. Ratzie comincia anche a dare lezioni di stile. Che naturalmente Repubblica, il quotidiano dei sordi che non vogliono sentire, non coglie.
Aggiornamento del 13 marzo
Sì, Repubblica proprio non coglie, anche se il pezzo di Politi è interessante. Ma è come al solito irritante che si considerino soltanto gli spunti per fare dietrologia. Come se la lettera in sé, il suo significato “in chiaro” non fosse già una notizia. Per Repubblica non deve essere mai scalfita l’immagine della Curia come luogo di elezione di intrighi e “maneggi”. Un dogma intoccabile.
Per capire è bene leggere anche chi ci mette il cuore, come José Luis Restan sul Sussidiario o Gianni Cardinale su Avvenire, che pure in mezzo a eccessi encomiastici usa una parola molto adatta: “disarmato”. Nel testo di Ratzie l’esigenza di chiarezza supera di gran lunga il calcolo politico, ammesso che ci sia (e che sia un buon calcolo).