Cronachesorprese

10 Dicembre 2008

Etichettatori o lettori?

Filed under: cronache,news factory — alessandro @

Mi ha impressionato molto il fattaccio di Sestri Ponente, e mi sorprende che la stampa nazionale non se ne occupi più di tanto. Mi sembra che abbia tutte le caratteristiche di una storia eccezionale che può suscitare forti emozioni. Se i giornalisti volessero potrebbero cucinarla in modo da scatenare quelle dinamiche di interesse morboso che conosciamo bene per averle viste tante volte in atto negli ultimi anni.

Credo che ci siano tre motivi principali per cui non accade. Il primo è che il colpevole già si conosce. Il secondo è che la vittima, per quanto malconcia, se l’è cavata. Il terzo è che il pubblico ha già provveduto a classificare mentalmente il fatto nella categoria “stranezze commesse da giovinastri violenti che si friggono il cervello con musica allucinante”.

Eppure l’aggressione è stata di una violenza e di una gravità non comuni. Certi particolari sono veramente agghiaccianti: la premeditazione, il numero dei colpi inferti, la ferocia senza motivo apparente. Come possono arrivare a tanto dei ragazzi che suonano nello stesso gruppo? Se si dovessero accoltellare tutti i chitarristi scarsi sarebbe una strage continua… :-)

Ma il punto è che uno dei motivi principali che porta la gente a sfogliare un giornale o a guardare un telegiornale è un bisogno di rassicurazione. Che non vuol dire necessariamente leggere notizie belle e rassicuranti, anzi. Vuol dire che sfogliando e guardando devo avere subito la possibilità di mettere un’etichetta (un “tag”?) ai fatti. I politici sono inaffidabili, incapaci e corrotti. I preti sono ipocriti. I giovani sono ignoranti e violenti. Internet è il male.
La presentazione giornalistica di largo consumo deve venire incontro a questo bisogno.

Ora ci lamentiamo (giustamente) perché molti giornalisti quando possono impallinano la rete per farla passare come covo di loschi figuri e strumento di nefandezze.
Però a pensarci i giornali hanno sempre cercato bersagli del genere, perché tradizionalmente sentono il bisogno di sintonizzarsi con la paura del nuovo di una buona parte dei loro lettori. È stato buffo e quasi straniante sentire gli speaker dei telegiornali che introducevano i servizi sull’aggressione di Sestri Ponente spiegando che si trattava di una lite degenerata tra componenti di “un gruppo di musica rock”. Che vuol dire? Niente. Perché non dire semplicemente “gruppo musicale”? Perché l’etichetta “gruppo rock” ha avuto una fortuna enorme nel bisogno di rassicurazione di due generazioni di genitori apprensivi.
Poi i servizi andavano più nello specifico e parlavano di “gothic metal” e naturalmente di Marylin Manson. Ma la sostanza non cambiava molto: la clamorosa eccezionalità del fatto viene in qualche modo attutita e digerita. Si rimane sull’orlo dell’abisso, dimenticando volentieri che è un abisso molto vicino. A me interessa sapere cosa è successo tra quei ragazzi che abitano a pochi chilometri da me. E sarò presuntuoso, ma sono certo che la musica che suonavano è solo un’occasione, ammesso che c’entri davvero qualcosa con quell’esplosione di violenza. E se anche la musica “rock” o “gothic” fosse causa parziale, voglio comunque una spiegazione che la tratti per quello che è, un fattore.

Sappiamo distinguere tra la presentazione giornalistica che aiuta a fare domande ulteriori, che quindi chiede di essere superata dalla critica del lettore o del telespettatore, e quella che invece offre soltanto un menu di tag predefiniti da assegnare?

9 Comments »

  1. infatti.
    c’ho un exfidanzato drummer, che ho contattato giusto ieri su fb.
    ha la mia età, e ancora fa concerti.
    di heavy metal :-)

    che io sappia, la sua musica (e suona pure in piedi con due casse, un vero fico) non l’ha mai indotto a tendere agguati, in particolare a chitarristi scarsi e in generale a nessuno.

    e non mi vengano a dire che i ragazzi oggi sono diversi.
    anche noi, alla loro età, eravamo belli incazzati (e per certi versi non abbiamo ancora smesso).

    Comment di alga — 11 Dicembre 2008 @

  2. sì, infatti, e sarebbe inutile fare differenze o paragoni tra incazzature da una generazione all’altra. per dire, certe aggressioni “politiche” degli anni 70 per me non sono più spiegabili (né tantomeno giustificabili) di quello che è successo a sestri.

    Comment di alessandro — 11 Dicembre 2008 @

  3. Mi viene spesso in mente quella scena di Ricomincio da tre, nella quale la mamma di Robertino elenca tutti i mali dell’epoca contemporanea, e Massimo Troisi aggiunge: “…e pure o’ grammofono!”.

    Comment di galliolus — 11 Dicembre 2008 @

  4. è favolosa quella scena. “robertì, tuocc’e femmene, vai a rubbà…” :-D

    Comment di alessandro — 11 Dicembre 2008 @

  5. mi sbaglierò. ma se lei, invece che quella chiattoncella che pare trasparire dalle foto, fosse stata una knox, tempo un mese la copertina del magazine o del venerdì non gliela levava nessuno
    ciao
    s

    Comment di stefano — 13 Dicembre 2008 @

  6. Grazie per la visita. Interessante il tuo blog e questa tua ultima osservazione. Mi è venuta la curiosità di capire in maniera più approfondita quali possano essere, secondo te, le motivazioni reali che hanno spinto al gesto di Sestri.
    Un saluto

    Comment di Andrea Nepoti Goitan — 13 Dicembre 2008 @

  7. stefano: mi sa che hai ragione. aggiungo questo alla lista dei motivi per i quali si parla poco del fatto. anzi forse è il principale: i colpevoli non hanno “le physique du role”, né nel bene né nel male: cioé non sono facilmente presentabile né come mostri alla rosa & olindo né come bei tenebrosi alla knox & sollecito. sono ragazzi “colpevolmente” normali.

    andrea, grazie per la visita. non ho idea delle motivazioni reali, ma finora la stampa non ha aiutato molto a saperne di più. penso che molti siano pronti a parlare di disagio giovanile in migliaia di forme, ma di fronte alle conseguenze irrazionali estreme del disagio si scopre che pochi hanno veramente voglia di capire e di ascoltare le storie e le situazioni concrete, senza il comodo filtro delle interpretazioni sociologiche. è un po’ quello che dicevo qualche giorno fa a proposito di un film, jimmy della collina.

    Comment di alessandro — 13 Dicembre 2008 @

  8. E’ vicino anche a me che sono così lontano: l’abisso è vicino a tutti.
    Ciao,sempre bello leggerti.

    Comment di non avrai il mio scalpo — 14 Dicembre 2008 @

  9. grazie, scalpo :-) sarebbe già un grande risultato riuscire a restituire una piccola parte del piacere di leggere i tuoi post.

    Comment di alessandro — 15 Dicembre 2008 @

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