Cronachesorprese

27 Novembre 2008

Jimmy della collina

Filed under: lo spettatore indigente — alessandro @

jimmy della collinaJimmy scappa. Non ne ha fatta una giusta, e anche questa fuga che finora non gli ha dato molti vantaggi ha l’aria di una sfida, non di un calcolo. Si ferma di fronte al mare di Sardegna, e guarda qualcosa. Forse sotto, forse dentro, forse oltre. Forse guarda in faccia davvero per la prima volta la sua libertà, e comincia a capire cos’è.

Enrico Pau è uno dei tanti sardi che hanno a che fare con Genova. Da bambino e da ragazzo stava nel quartiere del Carmine, quando Don Andrea Gallo era viceparroco. Oggi fa l’insegnante e il regista. Non sa quale, di questi due mestieri, ami di più. Se mette nell’insegnamento la stessa passione, la stessa onestà intellettuale e la stessa umanità che mette nella regia il suo dilemma è più che comprensibile. Il suo Jimmy della Collina è uno dei frequenti casi di buon film italiano con tanti riconoscimenti, premi e pacche sulle spalle che fatica a trovare una distribuzione adeguata. Io l’ho visto ieri alla prima serata genovese del Missing Film Festival, per dire…

Il libro di Massimo Carlotto da cui è tratto, ha spiegato Pau al termine della proiezione, ha un finale un po’ diverso. Ma Carlotto ha pienamente approvato il progetto del film, finale compreso, tanto da accettare di comparire in una breve scena, e proprio verso la fine.

Pau è andato oltre Carlotto: e non soltanto perché ha raccontato una storia di minorenni in carcere mischiando gli attori con veri detenuti o ex detenuti e facendo diventare inchiesta il casting e il set. Ma anche perché ha avuto il coraggio di cambiare (nonostante l’avesse già girato) un finale che sentiva inutilmente consolatorio, scegliendo invece di buttare la domanda di Jimmy addosso allo spettatore. Senza violenza o distruttività gratuite, che sarebbero state tanto inutili quanto la scelta consolatoria. Non un finale alla Thelma & Louise, per intenderci.

Per tornare all’approccio del regista alla realtà del carcere minorile di Quartucciu (Cagliari), Pau ha incontrato davvero i ragazzi, li ha scelti, li ha fatti protagonisti e testimoni delle riprese, ha cercato di adattare le sue esigenze di narratore, ha lasciato che quella realtà raccontasse il più possibile. E così le idee e i fatti del soggetto hanno trovato una carne che forse non speravano di trovare. Sono cose che più o meno si possono immaginare. Ma raccontarle da dentro, chiedendo ad attori e operatori di adattarsi, è un’altra storia. Succede che nascano amori tra un detenuto e una volontaria che assiste i carcerati? Succede. Si verificano episodi di autolesionismo al limite del suicidio, che a volte finiscono male per i classici errori di chi non sa in che altro modo chiedere aiuto? Si verificano. Capita che qualcuno tenti di fuggire contro ogni ragionevolezza, magari quando ha ancora poca pena da scontare e le attività di socializzazione e avvio al lavoro stanno andando bene? Capita.

Ed è la drammatizzazione di questa irragionevolezza il risultato più notevole del film. Pau ha la sensibilità e l’esperienza per riconoscere che il motivo per il quale Jimmy diventa rapinatore e finisce in carcere non è originariamente un “disagio”, ed è inspiegabile.

Non lo dico io, l’ha detto lui.

2 Comments »

  1. Inspiegabilità di cui ci si dovrebbe occupare di più e non solo a livello cinematografico.
    Scusa una domanda: questo regista aveva fatto in precedenza un film sul mondo del pugilato?

    Comment di non avrai il mio scalpo — 30 Novembre 2008 @

  2. sì, il suo primo lungometraggio, pesi leggeri.
    occuparsi davvero di questa inspiegabilità significherebbe ammettere che il “sociale” non esaurisce l’umano. temo che molti non se lo possano permettere ;-)

    Comment di alessandro — 30 Novembre 2008 @

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