Cronachesorprese

25 Aprile 2008

Referendum V day, ne boccio due su tre

Filed under: cronache — alessandro @

Come per il primo V-day, anche per il secondo non sono d’accordo con almeno due delle tre proposte di Grillo.

Ordine dei giornalisti
Sono iscritto all’ordine (elenco dei pubblicisti) e sono d’accordo con la necessità di una profonda riforma, ma sono assolutamente contrario all’abolizione. Ci sono degli eccessi corporativi che vanno smussati, è vero; ma non si può negare che negli ultimi quarant’anni la presenza dell’ordine è stata un argine all’eccessiva invadenza degli editori nelle redazioni. Evocare il fantasma di Mussolini è ridicolo: l’Ordine è regolato da una legge del 1963 che non ha raccolto nessuna losca eredità di regime. Non è vero, come ha affermato stamattina Di Pietro firmando ai banchetti di Milano, che “solo chi è iscritto all’Ordine è libero di informare”. È necessario un iscritto all’ordine solo per registrare una testata: il direttore responsabile è richiesto come garanzia di un livello minimo di professionalità. Far passare l’idea che questo sia un ostacolo reale alla libertà di espressione è un falso: lo era anche tredici anni fa ai tempi del referendum promosso dai radicali, lo è dieci volte di più oggi con la definitiva affermazione della rete, come dimostra lo stesso fenomeno Grillo.

Finanziamento pubblico all’editoria
Come per la questione dei parlamentari inquisiti, Grillo spara su certe garanzie perché le considera soltanto come privilegi e non vuole considerare da cosa nascono e da cosa sono motivate. Se in Italia gli editori fossero un vero ostacolo al pluralismo dell’informazione (e quando Grillo si rivolge ai giornalisti dicendo “il tuo padrone” non si rende conto di quello che dice) la possibilità di finanziamento dei giornali attraverso il “privilegio” della politica diventerebbe fondamentale per la libertà di espressione. In Italia, per fortuna, la stampa è libera. Certo è in un periodo di sofferenza, di involuzione, a causa anche di una generazione di giornalisti che sta crescendo incerta della sua identità per la difficoltà di avere un contratto giornalistico, di vivere davvero soltanto della professione. Togliere questo sussidio significa peggiorare ulteriormente la situazione: rendere gli editori ancora più potenti, dare loro un’arma in più per condizionare oltre misura le redazioni.
Altro problema. Non ci sono solo i fogli di partito che non legge nessuno e che ricevono finanziamenti ben al di là del servizio che danno. Ci sono anche tanti giornali piccoli e medio piccoli che fanno vera informazione e che sarebbero costretti a chiudere. Come dicono Feltri e altri, sarebbe più giusto vincolare i sussidi al raggiungimento di livelli di servizio dimostrabili (numero di copie effettivamente vendute o distribuite, ad esempio).

Legge Gasparri
Su questo punto sono sostanzialmente d’accordo. La Gasparri non è una buona legge, rischia di farci pagare penali mostruose in Europa e non ha risolto nessuno dei problemi che sulla carta avrebbe dovuto affrontare, dalla gestione della transizione al digitale terrestre al regolamento delle frequenze, dalla limitazione del duopolio al tetto per la raccolta pubblicitaria. Però la questione è ormai urgente e sarà uno dei problemi più spinosi che dovrà affrontare il nuovo governo Berlusconi in autunno: deve prendere una decisione entro il 2008 e fare almeno finta di trovare una soluzione diversa da quella prospettata dal disegno di legge Gentiloni, che è stato duramente attaccato dalla destra. Non so neanche se ci sia il tempo tecnico per indire il referendum. Certo il governo Prodi non ha trattato la questione con la dovuta urgenza (era più importante discutere dei Dico, evidentemente). Se l’iniziativa di Grillo può servire a tenere alta la guardia su questo tema ben venga.

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