Cronachesorprese

11 Ottobre 2007

Michael Clayton

Filed under: lo spettatore indigente — alessandro @

michael claytonDue immagini individuano i poli tra i quali la storia nasce e si sviluppa.
La prima è la sofferenza fisica di Tilda Swinton, che sta raggomitolata, sudata e ansimante in attesa di un confronto che può mettere in discussione l’azienda per cui lavora e la sua carriera: una sofferenza rappresentata impietosamente, con un primissimo piano che evidenzia tutti i segni dell’ansia.
La seconda è la serenità del dialogo visivo tra George Clooney e tre cavalli in un bosco, dove il protagonista arriva seguendo l’istinto di far perdere le proprie tracce, anche solo per un momento; un istinto che lo salva e dà una svolta decisiva alla storia.
Bel film, godibile, non originale ma ben scritto, girato e interpretato. Come in Erin Brockovich, lo spunto è una class action vissuta dall’interno di uno studio legale e dalla prospettiva dei personaggi che gravitano intorno a questi veri centri di potere. Il tema cattura facilmente: l’ingiustizia così monumentale da trasformare una pedina dei “cattivi” in paladino dei buoni (ma non è il personaggio interpretato da Clooney, che si limiterà a compierne l’opera); la ragazza che dà l’ispirazione; il bambino che con la sua voglia di “storie” dà il metodo.

10 Ottobre 2007

Presso il nemico

Filed under: chiedici le parole — alessandro @

Leggete questo e la discussione seguente. Qualche tempo fa mi avrebbe appassionato, oggi un po’ meno, perché mi rendo conto che certe “battaglie” sulle parole sono quasi sempre tempo perso: quando ti esponi personalmente, con gli amici o in un gruppo di lavoro, difficilmente vieni ascoltato e a volte ottieni l’effetto opposto. Passi per il “fissato”. E siccome tutti hanno punti deboli e cattive abitudini nell’uso della lingua, è facile poi essere ripresi con particolare ferocia, quando capita di sbagliare.
Penso comunque che le questioni di gusto e di stile vadano distinte dalle questioni di uso corretto:la lingua italiana, come sottolinea Leonardo (esprimendo una posizione che per come sono oggi mi affascina di più), è molto tollerante. Basta evitare l’orrido, e per questo non occorre essere particolarmente colti o raffinati. Poi ci sono questioni non di gusto né di uso corretto, ma culturali, come l’uso del “presso” per indicare luoghi precisi, che è accettato dal dizionario ma mi è sempre sembrato, e ancora mi sembra, un simbolo dell’arroganza del potere che vuole stare nell’ombra. Ciò che dovrei trovare “presso” è qualcosa che potrei anche non trovare. Sono convinto che sia questa l’origine dell’uso, dilagato poi per pigra emulazione. Per questo ho provato a combatterlo.

8 Ottobre 2007

Esame da vaticanista, step 7

Filed under: ratzie stories — alessandro @

Oggi Ratzie ha aperto il finestrone su piazza San Pietro, ha rivolto un franco saluto a tutti i franchisti lì convenuti e ha dato la benedizione franchista. Poi ha ricevuto i delegati di diverse comunità franchiste sparse in tutto il mondo: alcune notizie sullo slancio missionario franchista e i doni ricevuti l’hanno particolarmente rinfrancato.

5 Ottobre 2007

Lo schioppo di stagione

Filed under: cronache — alessandro @

Ormai è un prodotto tipico autunnale. Il ministro Padoa Schioppa dà il meglio di sé quando a ottobre comincia a calare in commissione per presentare la finanziaria. L’anno scorso la sparata sui ricchi. L’edizione di quest’anno è stata invece impreziosita dall’impallinamento dei bamboccioni.
Ma davvero pensano i nostri ministri che meno di mille euro di sgravio per tre anni sulle spese di affitto siano un incentivo per i giovani ad andare via di casa?
Sanno quanto costa un affitto a Milano o a Roma?
Forse gli incentivi decisivi potrebbero essere altri. E dovrebbero essere dati alle aziende per assumere giovani.

3 Ottobre 2007

L’ameba gramsciana

Filed under: cronache — alessandro @

veltroni amebail titolo del post è in comproprietà con il mio amico Maurizio P. che il mese scorso, in occasione della visita a Genova del candidato alla segreteria del partito democratico, mi descriveva con buffe ed eloquenti movenze ameboidi ciò che pensava dell’attitudine veltroniana a incorporare ogni cosa che passa dalle sue parti e a ripresentarla come se fosse parte di lui da sempre. E mi faceva ridere perché pensavo alla faccia un po’ gommosa del sindaco di Roma: mi sembrava una caricatura appropriata, quasi forattiniana.

Ci ha provato con il cinema, con la musica, con l’internet, con Kennedy. Ora ci prova (e ci riesce) con la margherita; chissà se i suoi imprevedibili pseudopodi riusciranno a inglobare anche Veronica Lario in Berlusconi.

Il dialogo è un’ottima cosa, ma non è un assoluto. L’attitudine di un politico al dialogo e al confronto può essere una delle sue doti migliori se non pretende di appropriarsi di tutte le differenze per farle “girare” in una direzione, come quell’applicazione della dialettica hegeliana che era appunto il gramscismo.
Chi vuole davvero dialogare lo fa per una reale attrazione, perché vede nell’altro qualcosa di buono. Il dialogo in Gramsci style non parte da un’attrazione, ma da un’esigenza di conquista: non interessano il buono e il vero in quanto tali, ma in quanto pretesti per inglobare. Proteine. Come accade al leone del film Madagascar che scopre il suo istinto e vede tutti come bistecche, anche i suoi migliori amici (figuriamoci i nemici).

Sono perciò particolarmente indicative le parole che ha usato Veltroni per introdurre il suo personale e propagandistico Elogio di Elena: “Ci sarebbe una donna che non so come collocare nel nostro panorama politico, e di cui conosco le curiosità culturali…”. Non so come collocare: è soltanto per un malvagio incantesimo, in fondo, che una virtù come la curiosità culturale si trova imprigionata nel castello del dominus nemico. Non so come, ma so il perché: sei virtuosa, hai almeno qualche virtù, e per farla splendere dovresti venire di qua. Non occorre essere particolarmente maligni per vedere in questa proposta indecente un’ambivalenza perfetta, l’essenza dello pseudopodo, indifferentemente concavo o convesso a seconda dell’ambiente e del momento: Veltroni fa la proposta, ineccepibilmente, da “buono professionista”. Gli si potrebbe dire che è da bastardi, e lui potrebbe reagire indignato. Ma nel momento in cui dice: “vieni con noi”, dice anche, implicitamente: “Che cosa stai a fare di là? Non è il posto adatto per coltivare la curiosità culturale”. Io questa roba, a casa mia, la chiamo arroganza. E la metto quasi sullo stesso piano della chiamata alla lotta di lberazione di Bossi o delle invettive di Grillo, che già non mi allettano per niente.

Nel sorriso di Veltroni non c’è vera sorpresa, non c’è vero desiderio di valorizzazione dell’altro. Sarà onesto, sarà capace, ed è sicuramente meglio di un pugno in un occhio. Ma questa idea di democrazia, che nasce dall’idea della necessaria aggregazione dei buoni da una parte, non è la mia idea di democrazia.

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