Cronachesorprese

20 Giugno 2007

Katzenjammer kids

Filed under: forse cercavi — alessandro @

katzenjammer kidsUno degli ultimi referrer chiede “il gatto che canta per i telefonini”. Oddio.

I bambini di inizio novecento leggevano le strisce dei Katzenjammer kids, conosciuti anche in Italia come Bibì e Bibò. Ma quel nome era solo un nome buffo: ora i katzenjammer kids, i bambini del lamento di gatto e non i figli del signor katzenjammer, esistono davvero. Giusto qualche giorno fa ho visto su Canale 5 la pubblicità del gatto che canticchia insopportabilmente quando arriva un messaggio o una chiamata (se ho capito bene) e ho osservato perplesso il feedback positivo generato su un tredicenne che casualmente era davanti alla televisione con me.

I preadolescenti danno molto valore ai cellulari: fanno passare una buona quota del loro desiderio di socializzazione e di riconoscimento “tribale” attraverso il telefonino e i gadget annessi. Non è strano. Ma quella pubblicità è mortifera. Quel gatto lamentoso è orribile. E io sono sicuro che anche a tredici anni avrei odiato profondamente una roba del genere.

Non che non abbia subìto la pressione di alcune mode, all’epoca. Se devo pensare a una pubblicità di target under 14 particolarmente aggressiva che ha avuto presa su di me, mi viene in mente solo il lancio delle big babol, lo spot martellante con Daniela Goggi e, lato consumer, il sabba ciancicatorio che si scatenava all’apparizione di un pacchetto (che di chiunque fosse non durava più di due minuti) tra amici o compagni di scuola, l’odore dolciastro che si diffondeva in ambienti piccoli. Non mi piacevano: sono rimasto affezionato per anni alle brooklyn spearmint (le bianche, non le verdi) e alla corsa tosta e leggiadra di Carla Gravina sul ponte. Ma ne consumavo ugualmente a tonnellate. Il punto è che le big babol mantenevano le promesse della pubblicità: performance impressionanti con le bolle, mai viste fino ad allora. Giocavamo con le bolle, ci ridevamo su, facevamo dispetti a base di gomma e impiastricciavamo qualsiasi superficie; i vestiti, come si può immaginare, non rimanevano sempre indenni. Era una mania idiota, come mia madre non mancava di farmi notare. Però una gomma è un conto, un gadget di un oggetto tecnologico un altro. La gomma si usa e si butta, la domini; il cellulare ti segue ovunque e a quell’età ti rappresenta di fronte agli amici, è un modo per guadagnarsi stima e attenzione senza passare dal “via” del mettersi davvero in rapporto con gli altri. Ha i difetti del gioco idiota, e molti altri.

Ma perché trovo repellente il “gatto che canta per i telefonini” e i ragazzi lo trovano irresistibile? Mia madre una big babol ogni tanto se la masticava insieme a me. Quel gatto insopportabile mi mette solo angoscia. E vorrei che i ragazzi fossero altrettanto angosciati, che ci fosse un punto su cui far leva per condividere con loro quel senso di troppo che mi invade di fronte a una prostituzione pubblicitaria così evidente. I miei genitori quel senso di troppo che stroppia riuscivano a comunicarmelo bene. Se ora non succede facilmente, come temo, non è perché mio padre e mia madre hanno chissà quali stoffe di educatori. Il punto è che l’ambiente sociale e mediatico è saturo di stimoli e messaggi atti a mandare un preadolescente in tilt.

A pensarci, l’angoscia che provo è data da questo: esiste un limite? Non parlo di limite morale, parlo di limite fisico; e penso all’ambiente, non ai ragazzi. Esiste un punto oltre il quale l’ambiente non riesce più a reggere il sovraccarico di stimoli?

E se esiste, cosa succede dopo?

19 Giugno 2007

Stipendi alla griglia

Filed under: cronache,market mysteria — alessandro @

Oggi al mercato orientale di Genova ho visto su un banco di pesce fresco i gamberoni rossi a 95 euro al chilo. Non sono abituato a comprarli, ma mi sembra tanto. Erano bellissimi, eh. Però una grigliata quanto verrebbe a costare?

15 Giugno 2007

Semel in anno contribuere necesse est

Filed under: cronache — alessandro @

Preso per la coda l’ultimo giorno utile per il 730 (ma questa volta non solo per colpa mia), faccio un piccolo bilancio.

Sono a credito, e ci mancherebbe altro.

La banca Woolwich, quella che ho scelto per il mutuo e a cui sto pagando fior di interessi, mi ha chiesto dieci euro e trentatré centesimi per un duplicato del calcolo degli interessi passivi. Io sono uno gentile ed educato, ma quando stamattina mi hanno chiamato per dirmelo, l’ultimo giorno utile, dieci giorni dopo la mia richiesta e dopo ripetuti solleciti, mi è montata un po’ di carogna. D’accordo, sono stato veramente stupido a perdere il foglio che mi hanno inviato per posta. Ogni anno in questo periodo incombono sulla mia autostima le considerazioni su quanto costa, in tempo e denaro, il lusso di essere disordinati. Ma questi dieci euro e trentatré come si giustificano, sono una penitenza? Se i signori della finanza permettono, io le penitenze le ho accettate liberamente nella mia vita solo dal mio confessore, finché ho avuto voglia di frequentarlo. So riconoscere una penitenza educativa rispettosa della mia libertà. Questa non lo è, e spero che non vogliano farmi credere che quella somma copre il costo dell’operazione. Quindi stiano tranquilli che non succederà più, come è successo fino a oggi, che io indirizzi a loro amici e conoscenti che hanno bisogno di un preventivo per il mutuo. Discorso chiuso.

Il Caaf della Cisl è stato efficiente, puntuale, gentile e prodigo di spiegazioni, nonostante la mia ignoranza in materia e l’endemico disordine della mia oikonomia abbiano reso necessari tre appuntamenti. Avrebbero potuto chiudere la prima volta senza darmi informazioni che mi hanno permesso di ottimizzare le detrazioni. Vi dico grazie, quindi. Per il momento sono contento di essere un vostro iscritto. Ora vediamo come ve la cavate quando vi chiederò informazioni sul Tfr e sui fondi di previdenza complementari, sui quali sembra che abbiate qualche conflitto di interesse: state dando consigli ai lavoratori, ma nel farlo non chiarite che i vostri consigli non sono disinteressati. Questo non è bello, cercherò qualcuno a cui chiedere spiegazioni.

Cinque per mille alla Fondazione Banco Alimentare. Otto per mille naturalmente alla Chiesa Cattolica. E a chi se no? Se tutti i servizi educativi e di assistenza che eroga quotidianamente la chiesa in Italia cessassero dall’oggi al domani, la prossima finanziaria sarebbe il quadruplo dell’ultima, che già non è stata delle più clementi, come tutti sanno. Altro che tesoretto. Ridicoli quindi quelli che vorrebbero tappare la bocca alla Chiesa perché riceve l’otto per mille, che è veramente il minimo.
Occorre dire, peraltro, che sarebbe davvero il caso di cambiare lo stile della campagna pubblicitaria per i prossimi anni: se la Cei lo facesse avrebbe, credo, la gratitudine di tutti. Evidente che la Chiesa oggi ha un problema di comunicazione. Un paradosso, perché la Chiesa è sempre stata la più brava, la più efficace e la più all’avanguardia nel comunicare, fino a qualche secolo fa. Oggi dal punto di vista pubblicitario è da tempo in questo loop masochistico di musichette flautate e facce estatiche di preti azzimatissimi che fanno sembrare false le cose vere. Una realtà imponente di assistenza e di reale vicinanza ai bisogni della gente può essere falsificata da uno spot. E così ha buon gioco chi sventola gondoni per accallappiare i luogocomunisti.

13 Giugno 2007

Poveri e immediati, ma belli

Filed under: il viandante digitale — alessandro @

Dell’ottimo articolo di Carlini sui blog, condivisibile per un buon sessanta per cento, non capisco bene la parte finale sui problemi di format. Uno dei limiti che i critici dei blog mettono in evidenza, afferma Carlini, è la piattezza della presentazione imposta da un software che, se da un lato dà accesso alla pubblicazione sul web di contenuti assai eterogenei a un universo di autori fino a pochi anni fa impensabile, da un altro lato impone dei limiti eccessivi alla selezione e alla presentazione, per chi è capace di gestirle professionalmente:

l’autore, singolo o collettivo, non impone una sua gerarchia attraverso la struttura grafica, ma è semmai il lettore a scegliere, muovendosi tra oggetti informativi che appaiono tutti uguali. La qual cosa va molto bene per un forum di discussione, ma non altrettanto per i blog d’autore. In questi casi infatti il lettore esercita un atto di fiducia verso la reputazione di chi scrive (così come fa anche acquistandone un libro) e cerca proprio quella firma lì, alla cui opinione è interessato, apprezzandone anche le scelte drastiche e differenziate. Il giornalismo è anche questo: proposte e ordine del discorso, ed è un servizio che chi «legge per contro terzi» offre ai suoi lettori-interlocutori.
Appiattire tutto in sequenza cronologica ne è la negazione, perché allora tanto vale che chi legge faccia a meno di noi, si abboni gratuitamente a un po’ di testate online e se le legga attraverso gli Rss feed, come fossero lanci d’agenzia.

È un modo per ribadire il rifiuto a usare il mezzo blog secondo le sue specificità: un rifiuto già documentato in altri articoli e nel blog dello stesso autore, che è una mera repository di articoli pensati e scritti per altri mezzi. Niente di male, intendiamoci: è una scelta come un’altra, che ha i suoi pregi e i suoi limiti.

Che il blog non sia né un giornale né un libro online siamo tutti d’accordo. Il lettore non si aspetterà lo stesso tipo di selezione. Ma presentare uno, due o più post al giorno è una selezione: il lettore va sul blog dell’autore che conosce e di cui si fida perché vuole vedere cosa ha scelto di presentare oggi nel suo blog. Quale altro criterio di presentazione, dunque, se non un ordine cronologico inverso?

Come ricorda lo stesso Carlini, il significato originario della parola blog è lasciare traccia sul web. Da un blog di uno scrittore, di un giornalista, di un politico io non mi aspetto la stessa selezione e la stessa presentazione che mi aspetterei in un libro, in un giornale o in un discorso pubblico: mi aspetto di trovare qualcosa di altro, qualcosa di più immediato e interstiziale che non passa attraverso i filtri editoriali di altri mezzi: il che non vuol dire che sia indiscriminato, che non passi attraverso filtri specifici. Naturalmente la selezione sarà diversa da quella che potrebbe operare, che so, una mamma che ha deciso di aprire un blog perché vuole raccontare come crescono i suoi figli. Ma l’immediatezza di uno scrittore o di un giornalista può fornirmi contesti preziosi e interessanti a un’attività che conosco, apprezzo e fruisco su altri mezzi. Non pretendo che mi faccia entrare nel tabernacolo del suo genio, o nell’officina dove potrei carpirne i segreti artigianali. Ma il giorno per giorno, anche senza scendere nel diaristico, nel personale, nel segreto professionale può fornire ugualmente informazioni e contesti non ambigui né svalutanti.

Perché Carlini e altri critici hanno deciso di ignorare completamente questa specificità, quando parlano di blog gestiti da giornalisti o da altri professionisti? Perchè l’immediatezza che va bene per i blogger amatoriali e personali non dovrebbe andare bene anche per loro? Ancora non riesco a spiegarmelo.

12 Giugno 2007

Il broglio è nullo?

Filed under: cronache — alessandro @

La giunta per le elezioni del Senato ha reso nota oggi la conclusione dei controlli sul voto delle politiche del 2006 in Sicilia: nessun broglio.
Si parla di scostamenti “fisiologici” e si smentisce la voce secondo la quale le schede sarebbero destinate al macero dopo un periodo di cinque anni.
I controlli, dice la relazione conclusiva, sono stati fatti su una percentuale abbastanza elevata dei voti nulli, oltre il quaranta per cento.
Immagino che il numero delle schede bianche, che secondo la tesi di Diario erano alla base del meccanismo di broglio, sia stato già controllato da molto tempo, con un semplice riscontro a campione dai verbali. Immagino, dico, perchè nessuno ne ha mai parlato, mi sembra.

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