Cronachesorprese

29 Aprile 2007

ZenaCamp, giocare in casa

Filed under: barcamp — alessandro @

Fare un barcamp in un luogo così familiare come Mentelocale, arrivarci prendendo lo stesso autobus che si prende tutte le mattine per andare al lavoro (scendendo solo alla fermata prima) è una sensazione quasi straniante. Piacevolmente, beneficamente straniante. Trovarci anche alcune delle facce che vedi ogni giorno al lavoro, miste a quelle tante che ho imparato a conoscere e ad apprezzare nei barcamp di mezza Italia, è ancora più strano e stimolante.
Vedere un luogo così familiare preso in quel vortice di conversazioni che si mischiano e si incatenano, che amo e che chiamo Barcamp, cambia qualcosa. Ne vedrò gli effetti tra pochi giorni.
Ora parto, scriverò altro da martedì. Per il momento ciao e grazie a tutti, nessuno escluso.

26 Aprile 2007

La nube tossica della tecnocrazia

Filed under: chiedici le parole,dichiarazioni di voto — cronachesorprese @

Faccio un esperimento alla Caino: parole, musica e immagini insieme. Questo brano è una dimenticanza imperdonabile, nella serie delle cose. Allora per rimediare lo metto come sottofondo a parole altre e diverse da quelle del brano: in qualche modo, in my very very humbling opinion, le richiamano.

La differenza tra un’idea, una convinzione, e il sintomo di una nube tossica la riconosco a pelle. Mi bastano due parole, il modo in cui vengono dette, vedere la sicurezza di chi sa che l’inciso nel discorso riscuoterà successo, perché l’intossicazione ambientale ha questo effetto, mettere d’accordo tutti gli intossicati. “Visto che la Cei oggi (oggi?) vuole intervenire su tutto, vorrà anche dire qualcosa sulla mia giacchetta”. Sai, quelle stronzatine alla Littizetto. Ecco, lì è passata la nube tossica.

Dopo anni e anni, l’effetto ancora mi stupisce, mi rattrista e mi fa sentire solo. Mi stupisce, perché me lo ritrovo di punto in bianco lì, che ha contagiato un vicino, un amico, un collega, un parente. Mi rattrista, perché ne constato la pervasività, l’impadronirsi delle coscienze saltando la difesa immunitaria del dialogo. Mi fa sentire solo, perché immagino la fatica che dovrò fare, a dire qualcosa di diverso. A rialzare il livello dei globuli bianchi con uno straccio di dialogo.

Ad esempio. La nube tossica ultimamente causa questo sintomo: se un politico segue le indicazioni della Cei, tradisce il giuramento di fedeltà allo Stato e alla Costituzione. Allora spiegatemi una cosa. Spiegatemi come stabilite la differenza tra un parlamentare che vota come vuole la Cei, un parlamentare che vota come vuole un qualsiasi altro gruppo di pressione, e un parlamentare che vota conformemente a quello che dice la Cei o un altro gruppo di pressione perché è convinto che quell’indicazione, nel merito, sia giusta.

Va bene essere intossicati, ma bisognerebbe anche rendersi conto delle enormità che si dicono sotto l’effetto dei gas. Veramente si vuole mettere in discussione la libertà di un parlamentare di aderire a un’indicazione che ritiene valida? Perché dovrebbe essere condannabile, riprovevole? Ma ci rendiamo conto di cosa andiamo a minare? Un politico vota in base a convinzioni che si è formato liberamente per formazione, cultura, militanza, esperienza. Se ha maturato la convinzione che la Cei dia indicazioni che hanno valore per il bene comune, la libertà di orientare la sua azione politica vagliando di volta in volta anche queste indicazioni è insindacabile. Se qualcuno pensa di metterla in discussione, va tutto a catafascio. In primo luogo la laicità. La tecnocrazia uccide la laicità: la tecnocrazia di chi crede che ci sia un’unica direzione possibile per la democrazia e per i diritti, e che chi ne indica altre debba essere zittito.

Almeno la Cei dà indicazioni chiare e alla luce del sole, inequivocabili. Prendendosi il rischio di subire un mese di contumelie di idioti come quelli dello Zapata che oggi hanno esposto lo striscione Bagnasco vergogna. Poveri utili idioti al servizio di una tecnocrazia che li usa e li schiaccia, intossicati organizzati che si credono liberi.

De Gasperi all’inizio degli anni cinquanta, dicasi all’inizio degli anni cinquanta, quando i comunisti erano (giustamente) sotto scomunica, ha mandato a cagare gli emissari vaticani che gli chiedevano di fare l’alleanza con Msi e monarchici per le amministrative a Roma. Un uomo e un politico libero, no? Ma se era libero quando faceva questo, era libero anche quando la sua azione politica era compatibile con le indicazioni della Chiesa in mille altre questioni.

Chi ha paura, oggi, di questa libertà?

25 Aprile 2007

Si Camp

Filed under: cronache — cronachesorprese @

In fondo il di meglio da fare può aspettare un giorno, grazie al ponte del primo maggio. Vado allo Zenacamp, a rompere i coglioni.

24 Aprile 2007

Twitter l’antipatico

Filed under: chiedici le parole — alessandro @

gatto che cadeChi mi conosce sa che non ho la fregola di essere trovato in qualsiasi momento. Anzi, che bello far perdere le proprie tracce un giorno sì e uno no. Oppure un giorno no e tre sì, e poi uno sì e tre no, per essere più imprevedibili. Una ieri mi ha chiesto: ma la barba, te la sei tagliata? E certo. E perché? Ué bellezza, io non ho un look fisso. Non sono quello con la barba. E neanche quello senza. La tengo e poi la taglio. La taglio e poi la faccio ricrescere. E allora, ti scazza?

Non chiedetemi né grandi affreschi né descrizioni particolareggiate. Chiedetemi piuttosto un particolare o un pensiero per voi: in quel caso sarò gentile e amabile. Diversamente non lo so. E non industriatevi nei vostri blog a far intendere che leggete quello che scrivo, mi dà sui nervi. Voi e i vostri grassetti del cazzo. Fatevi i fatti vostri, che ne avete tanti da farvi. Gli accessi a questo blog sono saliti troppo, meglio che riscendano un po’. Faccio come i gatti. Hsssssss! Cazzimieiduepuntozero.

Non è per dire dove sono o cosa faccio che mi sono iscritto a Twitter. Ma è sicuramente per dare qualcosa di più, qualcosa che non sono abituato a dare. Una cara amica che mi conosce bene mi ha detto, qualche settimana fa, che sono generoso. Forse ha ragione, ma lo ignoravo. Devo capire come. Come l’ho ignorato finora e come posso scoprirlo d’ora in poi.

Leggete pure il nuovo twitter – riquadro sulla sidebar, se vi cade l’occhio, ma ficcatevelo bene nella zucca: questo non è e non sarà mai un diario.

23 Aprile 2007

Sparala, Piero

Filed under: dichiarazioni di voto — alessandro @

Uno dice che vuole fondare il Partito Democratico, lodevole iniziativa. Poi, nella relazione finale del congresso che vuole chiudere il capitolo vecchio per aprire quello nuovo, precisa: “oggi democratico è essere progressista, riformista e di sinistra”. E ci risiamo. I Democratici di Sinistra esistono già, che bisogno hai di rimpastare?
Forza Piero Fassino, riprovaci: fai quello che tutti i tuoi predecessori non hanno avuto il coraggio di fare. Non “essere democratici vuol dire essere di sinistra”, ma il contrario: “essere di sinistra vuol dire essere democratici”. Come dire, non abbiamo nessuna esclusiva: siamo solo una parte che fa del suo meglio per il bene comune. Ce la fai? Basta poco, le parole ci sono tutte, basta che le rimescoli un po’.

Certo, non ci credo neanch’io che in questo momento sia possibile una costituente di un partito repubblicano o qualcosa del genere. Anzi, spero proprio che non accada ora perché Berlusconi non ha la statura, la credibilità e oserei dire il diritto di farlo. Se lo farà, farà dei danni. Bisogna che passino lui e tutta la sua ciurma di avvocati, portavoce e amici degli amici che hanno infestato il luogo che appartiene di diritto alla destra democratica, che in Italia esiste ma ha poca voce e pessima rappresentanza, con qualche eccezione. Però prima o poi accadrà, e quando accadrà bisogna che tu, Piero, ti prenda la responsabilità di pronunciarla, quella frase che noi democratici di destra aspettiamo da 60 anni. O non penserai davvero che il piatto della democrazia è pronto quando hai guarnito la tua pietanza con qualche margherita?

Devi farlo, se vuoi andare fino in fondo. Tu e i tuoi alleati vi richiamate, giustamente, alla tradizione democratica americana. Ma nella tradizione americana ci sono i democratici e i repubblicani. Sono praticamente sinonimi, non so se ci hai mai pensato. Oppure, se non vuoi guardare così lontano, vai a sentire i discorsi di ieri di Sarkozy e della Royal. Si sono rivolti allo stesso identico popolo, senza distinzioni di classe. Non hanno detto: io sono il democratico, quindi votate per me. Hanno detto: dobbiamo fare insieme il futuro della Francia. Hanno chiesto collaborazione e legittimazione a un unico popolo, alla stessa gente. Hanno parlato della stessa realtà, degli stessi problemi. Straordinario, eh? I politici che chiedono legittimazione alla gente, non una parte politica che si offre graziosamente al popolo per dare ai voti l’imprimatur di “vero voto democratico”. Io che non ho molta simpatia per i francesi per una certa loro idea di laicità che non mi piace, riconosco che nella dialettica tra le parti la loro democrazia è anni luce avanti alla nostra.

Allora, se davvero vuoi che nasca un vero Partito Democratico, cosa che mi auguro perché innescherebbe processi interessanti anche dall’altra parte, prova a dire quella frase. Non dovrebbe costarti molto, al massimo uno o due giorni di broncio dei tuoi amici del correntone, ma sai come sono fatti, poi passa. E dovrebbe venirti naturale, perché non è altro che la realtà.

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