Cronachesorprese

8 Marzo 2007

Rosso come il cielo

Filed under: lo spettatore indigente — alessandro @

rosso come il cieloDi film che dipingono suore aguzzine che imperversano in collegi carcerari ne abbiamo le scatole piene, e purtroppo è un triste dovere, ogni volta, notare che queste descrizioni hanno l’insistenza e l’invariabilità dei clichet. Occorre dirlo perché il pubblico vi aderisce troppo acriticamente, perché è sentire comune, perché il potere di oggi vuole che questa descrizione attecchisca. La religione e i religiosi sono il capro su cui buttare i mali del mondo nell’illusione, vecchia come il mondo, di liberarsene.

Ma a Rosso come il cielo si perdonano molto volentieri i rari e non onerosi dazi che paga a questa mentalità. Anche perché la realtà dell’istituto Chiossone di Genova per ciechi alla fine degli anni sessanta doveva essere ben più cruda di quella dipinta nel film. Non per responsabilità dei religiosi e delle religiose che vi lavoravano naturalmente, ma perché davvero la società intera considerava i disabili visivi soltanto dei poveretti ai quali non bisognava dare troppe illusioni. I religiosi si presero anche in questo caso, come in tanti altri, l’onere di occuparsi di queste realtà, fino all’avvento delle anime belle, angelici annunciatori delle delizie delle moderne pedagogie, che li avrebbero dipinti come mostri. Peccato che sti figaccioni siano arrivati soltanto con il maggiore benessere economico. Quando il gioco era duro, giocavano soltanto i duri davvero disinteressati, ovvero le suore con i coglioni quadri.
Apprezzabile comunque che il vero “cattivo” nel film sia un laico direttore con qualche problema personale.

Il film è la storia di una vittoria del desiderio di un bambino, ed è una storia vera. Lo schema alla attimo fuggente, senza però annichilimento finale, aleggia appena come modello. La poesia si può raggiungere non solo attraverso le eroiche e altisonanti performance del professor Keating, ma anche con un registratore a bobina che insegue qualsiasi rumore, qualsiasi suono, anche nella difficoltà del buio e della clandestinità, in una scena in cui ogni mossa è proibita a chi non ha il diritto di desiderare. I ragazzi protagonisti sono incredibilmente convincenti. Il regista Cristiano Bortone ha vinto una scommessa difficile: ha messo insieme ragazzi vedenti e non vedenti, e ha chiesto ai non vedenti di insegnare agli altri come ci si muove in un mondo al buio; e poi ha fatto affiatare e giocare tutti, al punto da raggiungere un livello di naturalezza e di improvvisazione che è andato a compensare, per sua stessa ammissione, le falle di una sceneggiatura a tratti un po’ scontata. “Noi sceneggiatori abbiamo così poca fantasia…”, ha detto. Il titolo stesso del film è frutto di un’improvvisazione guidata, e, facile immaginare, molte delle scene più belle sono nate con lo stesso metodo.

Molti ragazzi lo vedranno a scuola (e sarà una gran bella esperienza per loro), perché il film è nato già chiaramente con questo target. Le matinée, almeno in Liguria, sono già belle e programmate. Ma per me il film vale sicuramente anche una serata tra “grandi”.

2 Comments »

  1. Con tutto il rispetto, la critica alle religiose appare come una critica a un sistema che si fonda su se stesso e non si mette in gioco.
    Peraltro se essere suora è stata una scelta d’amore l’esperienza che ne consegue sarà positiva se essere suora è una scelta di dovere… può fare molto più male di quello che sembra…coglioni a parte.

    Comment di Davide Nigro — 31 Marzo 2007 @

  2. Quello che mi chiedo è perché non si prova a criticare il sistema da altri punti di vista. Le religiose con il sistema c’entrano poco o nulla, anche nei casi (e sono la minoranza) in cui non abbiano fatto una scelta d’amore.
    Grazie per il commento e buona InvaXön ;-)

    Comment di Alessandro — 1 Aprile 2007 @

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